Egitto restituisce all’Arabia Saudita le isole di Tiran e Sanafir

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Due isole abbandonate e dimenticate… Ma pochi sanno che sull’isola di Tiran c’è una postazione operativa remota (la OP3-11) della MFO, la Multinational Force & Observers, una missione di cosiddetto «peacekeeping», in realtà una presenza militare, nata proprio in seguito alla firma degli Accordi di pace tra Egitto e Israele.

Nel 1979, entrambi le parti richiesero una presenza ONU nel Sinai.

Ma quando fu chiaro che il Consiglio di Sicurezza non avrebbe potuto approvare lo stazionamento nel Sinai di forze ONU (per via della minaccia di veto da parte dell’Unione Sovietica), fu negoziato un protocollo aggiuntivo nel 1981 che stabiliva la creazione della MFO, come forza «alternativa».

Un contingente militare con personale fornito da 12 paesi, tra cui anche l’Italia, con un quartier generale a Roma, due uffici, uno a Il Cairo e l’altro a Tel Aviv.

Le spese di gestione del MFO sono equamente ripartite tra Egitto e Israele e ovviamente la terza parte è coperta dagli USA.

A distanza di molti decenni l’Egitto compie in sordina un atto che preoccupa e destabilizza la pace della regione, infatti l’accordo raggiunto tra il re saudita Salman e il presidente egiziano Abdel Fattah El Sisi dopo la visita del monarca al Cairo ha suscitato molto malcontento.

Il re ha fatto valere anni di finanziamenti sauditi allo Stato e all’economia egiziana, oltre che di sussidi energetici, per chiedere indietro le isole di Tiran e Sanafir e per suggellare l’accordo per la costruzione di un ponte tra i due paesi.

Vari gruppi di opposizione egiziani, inclusi i Fratelli Musulmani, biasimano El Sisi per aver ceduto in modo non costituzionale un territorio egiziano per un “pugno di dollari”.

El Sisi sta agendo senza dubbio nel suo interesse e per sopravvivere, mentre il suo paese sprofonda nel caos ed è strangolato dalle ristrettezze economiche, ma storicamente le isole sono saudite e il re Salman non ha fatto altro che riprenderne il controllo diretto.

La domanda è: cosa guadagnano i sauditi reclamando le isole ora?

Per rispondere bisogna analizzare il motivo della cessione delle isole all’Egitto nel 1950 da parte dell’Arabia Saudita.

Era stato un modo per distaccarsi dalla responsabilità diretta per la causa palestinese.

Probabilmente secondo la logica diplomatica saudita, nessuno avrebbe potuto criticarla per la sua mancanza di azione contro l’entità sionista, dato che possedeva due isole che controllavano l’unico accesso di Israele al Mar Rosso.

L’Arabia Saudita poteva così distanziarsi dal conflitto arabo-palestinese e scaricare la responsabilità della perdita delle isole sull’Egitto, cosa che ha fatto nel 1967.

Oggi la situazione è diversa.

L’Arabia Saudita affronta una minaccia più grande.

Le ragioni per reclamare le isole si nascondono tra Washington e le retrovie del potere in Iran.

Gli Stati Uniti hanno infatti dimostrato a Riyad di non essere più interessati a proteggere i suoi interessi rispetto alle problematiche di stabilità regionale.

Così, dato che l’Iran possiede le isole di Lesser Tunb, Greater Tunb e Abu Musa e minaccia continuamente la chiusura dello Stretto di Hormuz, le isole di Tiran e Sanafir sono una chiave per proiettare il potere sul tratto superiore del Mar Rosso.

L’Arabia Saudita ha riaperto gli oleodotti costruiti dall’Iraq che danno sul Mar Rosso per mitigare la minaccia del controllo dell’Iran su Hormuz, dove passa 1/5 dell’energia mondiale.

Sta anche facendo del suo meglio per evitare che i clienti dell’Iran, come gli Houti, controllino lo Yemen e minaccino l’accesso al Golfo di Aden.

La mossa dell’Arabia Saudita è quindi da interpretare come una politica di diversificazione delle sue esportazioni.

Infine, sarà costruito un passaggio rialzato che passerà sopra alle isole e collegherà il Sinai con la penisola araba, creando un ponte tra Africa e Asia.

Riyad non sta solo cercando di aumentare i suoi legami economici con gli egiziani, un milione dei quali già vive e lavora in Arabia Saudita, ma vede questo ponte come un modo per collegare il Maghreb con il Mashreq. Questo non solo faciliterà il passaggio dei pellegrini durante il hajj, ma accrescerà gli scambi commerciali che porteranno a una maggiore cooperazione.

Inoltre ora i Sauditi sono in una posizione che permette loro di fare pressione sull’Egitto perché li appoggi nelle sue iniziative militari, come in Yemen. Chissà se l’Arabia Saudita dovrà pagare un prezzo alto per comprare la cooperazione di El Sisi.

Analizziamo ora la vicenda dal lato Israeliano.

Le isole Tiran e Sanafir furono cedute dall’Arabia Saudita all’Egitto di Gamal Abdel Nasser nel 1956.

Nasser non perse occasione per impedire il transito delle navi israeliane e quello fu uno dei principali casus belli che scatenò l’attacco preventivo di Israele all’Egitto (guerra dei sei giorni) e che portò alla conquista della Penisola del Sinai da parte di Gerusalemme.

Dopo gli accordi di Camp David tra Egitto e Israele che sancirono la pace tra i due Paesi le isole tornarono sotto controllo egiziano insieme alla Penisola del Sinai con l’accordo che le navi israeliane avrebbero potuto transitare in quel tratto di mare.

Ora il nuovo accordo tra Egitto e Arabia Saudita potrebbe rimettere tutto in discussione, da qui la preoccupazione israeliana.

Non è infatti ancora chiaro se nell’accordo tra Egitto e Arabia Saudita sia compreso anche il permesso di transito per le navi israeliani così come previsto dagli accordi di Camp David.

Lo sbocco del Golfo di Eilat viene considerato da Israele un punto altamente strategico ed è impensabile che a Gerusalemme accettino un eventuale cambio delle condizioni previste nell’accordo di pace con l’Egitto.

Per il momento quindi sono ignote le implicazioni per Israele.

Secondo alcune fonti israeliane a Gerusalemme sarebbero stati costantemente informati degli sviluppi delle trattative tra il Cairo e Riad ma le stesse fonti non sono in grado di confermare se nell’accordo definitivo sia presente una clausola che obblighi l’Arabia Saudita a rispettare quanto stabilito dagli accordi di Camp David.

Israele restituì il Sinai e le isole di Tiran e Sanafir a precise condizioni, condizioni che ora potrebbero saltare.

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