Il riconoscimento da parte della comunità internazionale delle responsabilità della Turchia e dell’Arabia Saudita in eventi sanguinosi indica che forse qualcosa sta cambiando.
Due eventi della scorsa settimana possono essere considerati, in una certa misura, sorprendenti, oltre ad essere degli indicatori di possibili eventi futuri a livello regionale e internazionale.
Il primo di essi è il riconoscimento del parlamento tedesco del massacro ottomano perpetrato contro gli Armeni e i Siriaci nel 1915.
Con il termine genocidio armeno, talvolta olocausto degli armeni o massacro degli armeni, si indicano le deportazioni ed eliminazioni di armeni perpetrate dall’Impero ottomano tra il 1915 e il 1916, che causarono circa 1,5 milioni di morti.
Gli armeni usano l’espressione Medz Yeghern (in lingua armena Մեծ Եղեռն, “grande crimine”) o Հայոց Ցեղասպանութիւն (Hayoc’ C’eġaspanowt’yown), mentre in turco esso viene indicato come Ermeni Soykırımı “genocidio armeno”, a cui talvolta viene anteposta la parola sözde, “cosiddetto” o Ermeni Tehciri “deportazioni armeni”.
Tale genocidio viene commemorato dagli armeni il 24 aprile.
Nello stesso periodo storico l’Impero Ottomano aveva condotto (o almeno tollerato) attacchi simili contro altre etnie (come gli assiri e i greci), e per questo alcuni studiosi credono che ci fosse un progetto di sterminio.
Sul piano internazionale, ventinove stati hanno ufficialmente riconosciuto come genocidio gli eventi descritti.
Il secondo, invece, è l’inserimento dell’alleanza saudita nella lista nera delle Nazioni Unite, le quali accusano il regno di aver condotto una ingiustificata e sanguinosa guerra in Yemen.
La guerra civile dello Yemen del 2015 è un conflitto in corso cominciato nel 2015 tra due fazioni che dichiarano di costituire il governo dello Yemen, insieme ai loro alleati.
Le forze degli Huthi, in controllo della capitale Sana’a e alleate con le forze fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh, si sono scontrate con le forze leali al governo di Abd Rabbuh Mansur Hadi, con sede ad Aden.
Anche al-Qāʿida nella Penisola Arabica (AQAP) e gli affiliati yemeniti delloStato Islamico (ISIS) hanno eseguito attacchi, ed AQAP controlla porzioni di territorio nella parte centrale del Paese e lungo la costa[8].
Il 19 marzo 2015, dopo aver preso il controllo della capitale Sana’a nel settembre 2014 e aver costretto Hadi alle dimissioni e alla fuga ad Aden tra gennaio e febbraio 2015, gli Huthi hanno lanciato un’offensiva per estendere il loro controllo nelle province meridionali.
Il 25 di marzo l’offensiva degli Huthi, alleati con forze militari fedeli a Saleh, è arrivata alle porte di Aden, la sede del governo di Hadi; Hadi è fuggito dal Paese in Arabia Saudita lo stesso giorno.
Il giorno seguente, una coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita è intervenuta militarmente con attacchi aerei contro gli Huthi per restaurare il deposto governo di Hadi.
Secondo l’ONU, tra marzo 2015 e febbraio 2016 più di 6.000 persone sono state uccise nel conflitto in Yemen, di cui circa la metà (2.997) civili.
Secondo il presidente dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, la coalizione a guida saudita ha causato il doppio delle vittime civili rispetto a tutte le altre forze messe insieme, quasi tutte in conseguenza degli attacchi aerei.
La decisione del parlamento tedesco arriva in un momento in cui l’Europa è nettamente divisa sul corso degli eventi in Medio Oriente: da un lato, Gran Bretagna, Francia e Olanda, paesi coinvolti nello spargimento di sangue arabo sotto la bandiera della primavera araba, dall’altro lato, i restanti membri dell’Unione Europea.
Dopo i colloqui tra la Germania e la Turchia, si è capito che la posizione di Erdogan poteva essere pericolosa e che sfruttava la crisi dei migranti per ricattare l’Europa.
L’inasprimento dei rapporti tra Erdogan e la Merkel avrà un forte impatto sulle decisioni europee in merito alle guerre per procura che l’Occidente conduce contro gli arabi.
Inoltre, è importante anche la tempistica di tale riconoscimento: la Germania è stata a lungo vicina a Erdogan, a scapito della verità, della storia e del parere degli alleati, ma adesso ne ha abbastanza della follia dell’unico sovrano di Ankara.
Insomma, meglio tardi che mai.
Anche la tempistica del secondo evento è abbastanza sorprendente.
Nonostante la notizia possa essere accolta favorevolmente, ci chiediamo perché le Nazioni Unite abbiano aspettato che venissero uccisi, secondo un rapporto ufficiale, più di 600 bambini.
Inoltre, l’Arabia Saudita avrebbe bombardato i siti archeologici yemeniti, distruggendo le origini della civiltà araba, così come ha distrutto le infrastrutture, gli ospedali, le strade e le reti idriche di un popolo che già soffriva per la povertà di risorse.
Era davvero necessario attendere così tanto tempo per scoprire che il 60% delle vittime in Yemen fossero dei bambini?
Gli Stati Uniti non avevano già visto il terrorismo saudita uccidere centinaia di migliaia di civili arabi in Iraq, Siria, Libia, Libano e persino in Europa e negli Stati Uniti stessi?
Anche se queste decisioni sono importanti per il popolo yemenita, è evidente che si tratta solo di decisioni politiche.
Nonostante il dolore, i massacri, le uccisioni e il terrore causati da Erdogan e dalla famiglia Al-Saud, si avvicina il momento in cui i loro crimini verranno riconosciuti a livello internazionale.
In una realtà sempre più frammentata e complessa è importante cogliere quegli indicatori che confermano, ancora una volta, che è giusto quel che è giusto.