Tel Aviv – Ankara : ripristinati legami diplomatici

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Il ripristino dei legami diplomatici tra Tel Aviv e Ankara va ben oltre Gaza e il blocco marittimo

L’articolo che segue vuole offrire una diversa chiave di lettura in merito alla restaurazione dei legami tra Turchia e Israele, al di là di ideologie politiche o conclusioni affrettate espresse da sostenitori e oppositori alla politica di Erdoğan nella regione.

Senz’altro la Turchia si è distinta come nessun altro paese arabo o islamico circa la richiesta di revoca del blocco marittimo che pesa sulla Striscia di Gaza, con l’invio di un convoglio navale diretto verso Gaza nel 2010.

E le conseguenze di tale tentativo sono note a tutti: il 31 maggio 2010 Israele ha attaccato la nave turca Mavi Marmara con la morte di nove attivisti turchi filo-palestinesi.

Questa la causa principale della crisi diplomatica tra i due paesi che sembra risolversi nel recente accordo siglato dopo lunghi negoziati e terminati con concessioni reciproche. Sebbene appare difficile stabilire chi abbia realizzato i propri obiettivi, un’analisi più attenta ci permetterà di trarre delle conclusioni in merito.

Innanzitutto, per quel che concerne il blocco marittimo su Gaza, questo rimarrà invariato come affermato dal primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, in una conferenza stampa in contemporanea a Roma e Ankara, e come aveva preannunciato il suo omologo turco, Binali Yildirim, in riferimento all’adozione di “misure concrete al fine di mitigare gli effetti dell’assedio su Gaza”; nessun accenno ad un’eventuale revoca.

Sarà il porto israeliano di Ashdod a fungere da tramite per la circolazione di merci e aiuti speciali destinati alla Striscia di Gaza, il tutto regolato dalle misure di sicurezza e accordi speciali israeliani.

L’accordo fa leva sopratutto sull’assistenza umanitaria, con la promessa di un apparecchio per la desalinizzazione dell’acqua marina, della costruzione di una centrale elettrica e di un ospedale comprendente 200 posti letto.

Su un piano differente, la Turchia sembra aver raggiunto un traguardo importante con l’impegno da parte di Israele di un risarcimento alle famiglie delle vittime dell’attentato alla Marmara pari a 21 milioni di dollari.

Una concessione però non gradita alle famiglie coinvolte per l’impunità dei criminali in cambio di un risarcimento in denaro per il sangue versato dai propri figli. 

L’accordo prevede inoltre il divieto di attività terroristiche e militari contro Israele sul territorio turco.

Ma è sul piano economico, o meglio commerciale, che si sono avuti esiti favorevoli. Infatti, col nuovo accordo, Israele mira a rafforzare la cooperazione economica tra i due paesi, specie per la vendita di gas estratto dal Mediterraneo e destinato all’Europa attraverso il gasdotto turco. Grazie alla sua posizione geografica, la Turchia diviene meta ambita di Russia, Iran e Israele.

Da notare che la firma dell’accordo è coincisa con le scuse rivolte dal presidente Erdoğan al presidente Putin circa l’abbattimento dell’aereo russo al confine siriano. Una coincidenza probabilmente voluta e spinta dallo stesso Netanyahu che intende sfruttare la presenza turca in alcuni organismi internazionali e dei legami turco arabi a suo vantaggio. La Turchia a sua volta mira a mitigare gli effetti del crescente rapporto tra Israele e il governo greco di sinistra, e in particolare intende combattere l’ideale di affermazione di un’entità curda da sempre sostenuta dall’Occidente e Israele.

Per concludere, è chiaro che entrambe le parti aspirano ad obiettivi più profondi di quelli qui menzionati e che vanno ben oltre Gaza e il blocco marittimo.


Dal sanguinoso blitz contro la nave turca Mavi Marmara all’espulsione dell’ambasciatore israeliano ad Ankara, ecco le tappe che hanno portato alla crisi delle relazioni tra Israele e la Turchia, riconciliatisi dopo sei anni di gelo:

31 maggio 2010: Nove attivisti turchi restano uccisi nel blitz della marina israeliana contro la Mavi Marmara, una delle navi della Freedom Flotilla che tentava di forzare l’embargo sulla Striscia di Gaza per portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese. A bordo delle navi c’erano in tutto 750 pacifisti di 40 nazionalita’, tra cui cinque italiani, tutti usciti illesi dall’operazione avvenuta in acque internazionali, a 40 miglia dall’enclave palestinese.

2 agosto 2010: L’Onu costituisce una commissione di inchiesta internazionale sul sanguinoso blitz della marina israeliana contro la nave turca Mavi Marmara. Ne fanno parte l’ex premier neozelandese Geoffrey Palmer e altri 3 commissari, uno israeliano, uno turco e uno statunitense. Israele, a differenza di quanto fatto precedentemente, fa sapere di voler collaborare, garantendo accesso al materiale raccolto.

– 23 gennaio 2011: Esce il primo rapporto della commissione d’inchiesta israeliana Tirkel che ‘assolve’ lo Stato ebraico, parlando di una reazione in linea con il diritto internazionale. Lo stesso giorno si esprime anche la commissione d’inchiesta turca, che condanna la Marina israeliana per aver usato una “forza eccessiva e sproporzionata” nell’attacco.

 Luglio 2011: Si intensificano i negoziati tra Israele e Turchia per trovare un compromesso sul rapporto finale della commissione d’inchiesta Onu prima della sua pubblicazione. Per il premier turco Recep Tayyip Erdogan le scuse di Israele, il pagamento di risarcimenti alle vittime e la rimozione dell’embargo su Gaza sono condizioni indispensabili per una ripresa delle relazioni diplomatiche. Ferma opposizione del premier israeliano, Benjamin Netanyahu.

1 settembre 2011: Sul New York Times esce un’anticipazione del rapporto dell’inchiesta Onu nel quale si condanna l'”eccessiva” azione israeliana, ma si riconosce la legalita’ del blocco navale della Striscia di Gaza. Nel documento si invita Israele a presentare le proprie scuse e a pagare indennizzi alle famiglie delle vittime e ai feriti, esortando i due Paesi a ristabilire piene relazioni diplomatiche.

2 settembre 2011: La Turchia respinge le conclusioni dell’inchiesta Onu e rompe i rapporti con Israele, annunciando l’espulsione dell’ambasciatore israeliano e la sospensione di tutti gli accordi militari bilaterali.

dicembre 2015: In Svizzera gli inviati israeliani, Yossi Cogen e Joseph Ciechanover e – per parte di Ankara – Feridun Sinirlioglu raggiungono un accordo preliminare per la normalizzazione dei rapporti

Aprile 2016: il processo di riconciliazione avanza e il ministero degli Esteri di Ankara registra “progressi importanti” dopo un incontro fra le parti a Londra

– 27 giugno 2016: la riconciliazione tra Israele e Turchia e’ ufficiale: la notizia viene confermata, da Roma, dal premier israeliano Netanyahu. L’intesa sara’ siglata domani. In base all’accordo, Israele paghera’ 20 milioni di dollari alle famiglie dei 10 attivisti turchi morti nel raid del 2010. In cambio, lo Stato ebraico ha preteso che la Turchia lasciasse cadere tutte le accuse sollevate in sede giudiziaria, nazionale e internazionale, contro i membri del commando e le autorita’ militari israeliane.

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