ITALIA : Le bugie hanno la gambe corte e creano nuova pressione fiscale – Buon 2017

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Durante la conferenza stampa per la presentazione dell’ultima Legge di Stabilità, Renzi aveva affermato che le tasse continuano ad andare giù.

La riduzione delle tasse è strategica e decisiva. Vedo qualche autorevole Presidente del Consiglio che dice che le tasse non sono diminuite.

Ma le tasse scendono, con buona pace di Monti, che ricordiamo per un altro segno di fronte ai dati della pressione fiscale.

Aggiunse poi che c’era un periodo in cui con le spese per i terremoti aumentava il costo delle sigarette, con noi non è più così.

Purtroppo la realtà è molto diversa da quanto prospettato dall’ormai ex premier.

Si sa perfettamente — perchè svelato da IBT — che per calcolare la percentuale di tassazione il Governo ha fatto figurare quei 10 miliardi dovuti al provvedimento degli 80 euro non come minori entrare, ma solo come alleggerimento fiscale.

E in questo approccio menzognero si iscrive anche la frase sui terremotati: è vero, Renzi non ha aumentato il costo delle sigarette, ma intanto ha fatto crescere il debito dell’Italia. Juncker tuonava:

Sono del parere che bisognerà, come saggezza vuole, che noi prendiamo in considerazione il costo dei terremoti e dei rifugiati.

Ma il costo addizionale legato ai migranti e ai terremoti per l’Italia è dello 0,1% del Pil, quando l’Italia ci aveva promesso di arrivare ad un deficit dell’1,7% nel 2017 e ora ci propone un deficit del 2,4% a causa dei terremoti e dei rifugiati.

Pare evidente: l’aumento del rapporto deficit/Pil è totalmente scollegato dai costi del terremoto, essendo invece un ennesimo artificio contabile.

La pressione fiscale resta più o meno la stessa, ma la velenosa eredità passa alle generazioni future, se mai ve ne saranno.

In particolare c’è un nodo che resta da sciogliere: le clausole di salvaguardia, che anche nella Legge di Stabilità di quest’anno vengono fatte slittare al prossimo, e che prevedrebbero un aumento dell’Iva ordinaria dal 21 al 22%.

La senatrice Maria Cecilia Guerra, in un pezzo uscito sull’Huffington Post, smaschera Renzi:

Con i decreti dell’estate 2011 il governo Berlusconi dispone una copertura a futura memoria, assistita da una clausola di salvaguardia: se il governo (il governo che verrà) non troverà, entro il 30 settembre 2012, 20 miliardi attraverso i tagli al sociale ipotizzati da una improbabile delega fiscale-assistenziale, i soldi, già iscritti in bilancio come entrata, si dovranno trovare con un taglio lineare di tutte le agevolazioni fiscali, oppure con un aumento delle aliquote delle imposte indirette, incluse le accise.

E inoltre: Il governo Letta riuscirà a posticipare di qualche mese, il previsto aumento dell’Iva ordinaria, dal 21 al 22%, che scatterà a ottobre 2013.

Con la legge di stabilità 2014 lascia però in eredità al governo Renzi una clausola di salvaguardia con cui si dispone che, qualora la spending review non raggiunga gli obiettivi previsti, rispettivamente per 3 miliardi di euro per l’anno 2015, 7 miliardi per l’anno 2016 e 10 miliardi a decorrere dal 2017, si faccia fronte con una diminuzione delle detrazioni e delle agevolazioni vigenti (tax expenditures).

Arrivando ai giorni nostri, la senatrice spiega:

Il governo Renzi, con la legge di stabilità per il 2015, sterilizza l’operare della clausola di salvaguardia ereditata per il 2015, e la riduce di circa 3 miliardi per gli anni successivi, ma al tempo stesso, introduce una clausola di salvaguardia, aggiuntiva, a copertura delle misure intraprese, che consiste in un incremento automatico delle aliquote Iva e delle accise, che può essere evitato con interventi di revisione della spesa, per 12,8 miliardi nel 2016, 19,2 miliardi nel 2017 e 22 miliardi dal 2018.

La morale della favola è che oltre ad aver portato al 2,4% il rapporto deficit/Pil (inizialmente previsto in un più rassicurante 1,7%),

Renzi è riuscito pure a moltiplicare il costo delle clausole di salvaguardia, passando infatti dai 20 miliardi di Berlusconi — nel pieno dell’offensiva internazionale sullo spread — ai 54 miliardi che dovrebbero essere restituiti ora, pur in una fase di maggiori entrate dovute alla piccola ripresa, partita non certo grazie al Governo, ma alla congiuntura internazionale.

Spieghiamo brevemente che cosa sono le clausole di salvaguardia :

Le clausole di salvaguardia in Italia

Le clausole di salvaguardia sono una sorta di “pagherò” utilizzati dai Governi per assicurarsi il rispetto degli obiettivi di bilancio legati a deficit e PIL.

In pratica sono delle clausole che accompagnano le leggi di stabilità e che prevedono aumenti fiscali (di IVA, accise o altro) nel caso in cui alcune coperture indicate nella manovra non risultassero sufficienti.

Dal 2011 in poi, i Governi italiani hanno fatto ampio ricorso alle clausole di salvaguardia, una furbata per far quadrare i conti nell’immediato e rimandare all’anno successivo i problemi di copertura sperando che si risolvano da soli e che diventino il problema del prossimo Governo.

E infatti, le clausole di salvaguardia passano da un Governo all’altro fino ad arrivare ad oggi, quando sulla testa degli italiani pesano decine di miliardi di aumenti di IVA e accise.

A dare il via alla furbata delle manovre con clausola di salvaguardia è stato il premier Silvio Berlusconi nel 2011 con 40 miliardi di clausole poste sul triennio 2012-2014.

Queste cambiali fiscali sono state onorate dal governo Monti per 33 miliardi, e i restanti 7 miliardi sono arrivati come eredità sulla testa del Governo Letta.

Quest’ultimo ha disinnescato le clausole di Berlusconi, ma ne ha prevista una a sua volta di circa 20 miliardi sul triennio 2015-2017.

E così arriviamo al Governo Renzi che si è trovato sulla testa gli aumenti di IVA e accise previste da Letta, ma ne ha aggiunte altre, a sua volta, con la sua prima legge di stabilità.

Ad oggi, quindi, sull’Italia pesano 15,3 miliardi sul 2017 che prevedono l’aumento dell’IVA dal primo gennaio 2017 dal 10 al 13% e dal 22 al 24% e altri 19 miliardi di aumenti previsti per il 2018 e 2019.

Le percentuali fornite dall’ex premier ci lasciano, dunque, molto perplessi.

Proprio in questi giorni lancia un grido d’allarme anche la Cgia di Mestre, che tramite il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo sottolinea come al lordo dell’operazione bonus di Renzi la pressione fiscale ufficiale in Italia sia stata pari al 43,7%.

Tuttavia, il peso complessivo che il contribuente onesto sopporta è di fatto superiore, toccando la quota record del 50,2%.

La pressione fiscale è data infatti dal rapporto tra l’ammontare complessivo del prelievo (imposte, tasse, tributi e contributi previdenziali) e il Prodotto Interno Lordo, che si riferisce alla ricchezza prodotta in un anno non solo dalle attività regolari, ma anche dagli affari “sommersi” e addirittura da quelli illegali, consistenti in uno scambio volontario tra soggetti economici (contrabbando, prostituzione, traffico di stupefacenti).

Insomma, in Italia la popolazione ha sempre rifiutato l’idea stessa di eutanasia, ma intanto l’economia muore di quella praticata, suo malgrado, dalla classe politica.

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