Gli Stati Uniti hanno velatamente minacciato di ritirarsi dal Consiglio Onu per i diritti umani se l’organismo non porrà fine alla sua incessante “ossessione” contro Israele

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“Per avere qualche credibilità, è necessario abbandonare le posizioni squilibrate che fanno di questo Consiglio una presa in giro”

Lo ha detto la rappresentante Usa, Erin Barclay, alla riunione d’apertura del Consiglio Onu per i Diritti Umani

La rappresentante Usa Erin Barclay durante il suo intervento di mercoledì al Consiglio Onu per i diritti umani

Gli Stati Uniti hanno velatamente minacciato di ritirarsi dal Consiglio Onu per i diritti umani se l’organismo non porrà fine alla sua incessante “ossessione” contro Israele. L’avvertimento è stato espresso al termine di un breve discorso tenuto mercoledì da Erin Barclay, vice assistente del Segretario di stato americano, alla seduta d’apertura della 34esima sessione del Consiglio, a Ginevra.

Dopo aver ribadito che l’impegno degli Stati Uniti per i diritti umani “è più forte che mai”, Barclay ha aggiunto: “Malauguratamente troppe azioni di questo Consiglio non vanno a sostegno di questi principi universali.

Anzi, li contraddicono. Affinché questo Consiglio abbia una qualche credibilità, per non parlare di efficacia, è necessario che abbandoni le sue posizioni squilibrate e improduttive. Nel momento in cui valuta i propri impegni futuri, il mio governo terrà in considerazione le azioni del Consiglio con un occhio particolare a una riforma che abbia lo scopo di realizzare più compiutamente la missione del Consiglio di proteggere e promuovere i diritti umani”.

Barclay ha aggiunto che tale riforma conferirebbe “maggiore credibilità al Consiglio Onu per i diritti umani”, e ha continuato: “Gli Stati Uniti rimangono anche profondamente turbati dalla costante attenzione del Consiglio, ingiusta e squilibrata, verso un paese democratico: Israele. Nessun altro paese è oggetto di un esclusivo punto dell’ordine del giorno.

Come può essere una priorità ragionevole?

In questo stesso momento il regime di Assad sta bombardando ospedali in Siria e sta costringendo i propri cittadini a fuggire da profughi nei paesi vicini per sottrarsi alla sua dominazione sanguinaria.

In questo stesso momento in Corea del Nord e Iran a milioni di persone vengono negate libertà di credo e di religione, di riunione pacifica, di associazione e di espressione. L’ossessione per Israele espressa nel punto 7 dell’ordine del giorno costituisce la più grande minaccia alla credibilità di questo Consiglio. Essa limita il bene che potremmo realizzare e fa di questo Consiglio una presa in giro”.

In effetti, non esiste altro paese oggetto di analogo trattamento.

Le violazioni dei diritti umani da parte di tutti gli altri paesi del mondo, compresi Siria e Iran, vengono discusse nell’ambito del punto 4 dell’ordine del giorno del Consiglio.

Al solo Israele è costantemente riservato il punto 7.

“Gli Stati Uniti – ha proseguito Barclay – si opporranno al tentativo di delegittimare o isolare Israele, non solo nel Consiglio Onu per i diritti umani ma ovunque tale tentativo si manifesti. Quando si tratta di diritti umani, nessun paese deve essere esente da controlli, ma nessun paese democratico dovrebbe subire un pregiudizio costantemente ingiusto, squilibrato e infondato”.

Fondato nel 2006 per sostituire la screditata Commissione per i diritti umani, dalla sua nascita a oggi il Coniglio Onu per i diritti umani ha emesso più condanne contro Israele che contro qualsiasi altro paese.

Gli Stati Uniti, che non erano entrati a farne parte a causa della presenza di diversi stati autoritari fra i 47 paesi membri, hanno aderito al Consiglio nel 2009, dopo l’elezione di Barack Obama che se era detto convinto di poterne meglio modificare il funzionamento agendo dall’interno.

La discussione del punto 7, esclusivamente contro Israele, è prevista per il 20 marzo con la presentazione di tre rapporti su presunte violazioni a danno dei palestinesi e una su presunte violazioni israeliane nel Golan.

Le dichiarazioni di Barclay al Consiglio per i diritti umani seguono di pochi giorni quelle rilasciate dall’ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite, Nikki Haley, dopo sua prima partecipazione a una riunione del Consiglio di Sicurezza.

(Da: Jerusalem Post, Times of Israel, YnetNews, 1.3.17)

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