Oggi come cento anni fa, rifiutare la Dichiarazione Balfour significa rifiutare Israele e la pace
Video. Cento anni fa la comunità internazionale affermò il diritto del popolo ebraico in Terra d’Israele. Particolarmente famoso è il sostegno espresso dalla Gran Bretagna con la Dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917.Ma ciò che talvolta viene dimenticato è che la Gran Bretagna non era sola. In effetti, la Gran Bretagna faceva parte di un vasto consenso internazionale a sostegno del diritto del popolo ebraico di ripristinare indipendenza e sovranità nella sua patria ancestrale, la Terra d’Israele. Chi altri ne faceva parte? Sia la Francia che gli Stati Uniti diedero il loro sostegno a una sede nazionale ebraica prima della Dichiarazione Balfour, mentre Italia, Giappone, Cina e Siam (Thailandia) espressero apertamente il loro sostegno poco dopo la Dichiarazione Balfour. Attenzione: stiamo parlando di un’epoca precedente alla nascita delle Nazioni Unite, per cui era eccezionale avere un esplicito consenso internazionale su una grande questione.Dunque, chi disse che cosa? Il 4 giugno 1917, diversi mesi prima della Dichiarazione Balfour, il governo francese emanò la Lettera Cambon che esprimeva simpatia per la rinascita della nazione ebraica sulle sue terre. Nell’ottobre 1917 il presidente americano Woodrow Wilson disse agli inglesi che appoggiava i diritti del popolo ebraico, e nell’agosto 1918 lo affermò pubblicamente. Wilson basava la sua posizione politica sul nuovo principio che egli stesso aveva introdotto nelle relazioni internazionali: il diritto dei popoli all’autodeterminazione. Nel maggio 1918 il governo italiano si impegnò a favorire l’istituzione di un “centro nazionale ebraico”. E nel gennaio 1919 il Giappone affermò che avrebbe “preso nota volentieri delle aspirazioni sioniste”.Ciò che rende diversa la Dichiarazione Balfour è che essa venne adottata dalla comunità internazionale quando divenne parte del Mandato del 1922 istituito dalla Società delle Nazioni, precursore delle Nazioni Unite. Il Mandato del 1922 fu una tappa fondamentale sulla strada verso l’indipendenza di Israele del 14 maggio 1948. L’11 maggio 1949 Israele fu ammesso alle Nazioni Unite come 59esimo stato membro.
La Dichiarazione Balfour non riconosceva solo i diritti del popolo ebraico. Essa stabiliva anche che “non verrà fatto nulla che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina”. Per la Dichiarazione Balfour, affermare i diritti degli ebrei non precludeva affatto i diritti e le libertà della parte araba. Allo stesso modo, nel corso dei decenni l’aspirazione sionista all’autodeterminazione ha sempre incluso il rispetto e la convivenza con tutte le comunità della zona, tra cui gli arabi palestinesi. Questa visione ha trovato chiara espressione nella Dichiarazione di Indipendenza d’Israele che afferma l’eguaglianza di diritti di tutti i cittadini indipendentemente da sesso, etnia e credo religioso. Oggi, circa il 20% della popolazione israeliana è composto da cittadini arabi che godono di diritti e libertà e che ricoprono funzioni di rilievo nella giustizia, nella politica, nelle professioni ecc.
Anche al tempo della Dichiarazione Balfour la dirigenza ebraica cercava di cooperare con i vicini arabi. Nel 1919 Chaim Weizmann, che rappresentava l’Organizzazione sionista mondiale, e l’emiro Feisal, uno dei massimi leader del nazionalismo arabo, firmarono un accordo di cooperazione per promuovere le aspirazioni nazionali sia degli ebrei che degli arabi della regione. Purtroppo questo precedente non era destinato a durare a lungo. Nel corso del XX secolo, capi arabi estremisti rifiutarono di riconoscere i diritti ebraici, promuovendo l’intollerante concezione secondo cui tutto il paese deve appartenere solo agli arabi e incoraggiando attacchi violenti contro la popolazione ebraica. Questo rifiuto della legittima rivendicazione del popolo ebraico a una patria nazionale in Terra d’Israele, riconosciuto e sancito dalla comunità internazionale, è ciò che sta alla base del conflitto arabo-israeliano. Ed è il filo rosso che collega ogni guerra, ogni atto terroristico, ogni intrigo diplomatico promosso da parte araba dal 1917 ad oggi.
Ancora oggi la parte palestinese, invece di guardare avanti ed educare e operare per un futuro di pace, resta voltata all’indietro e cerca di riavvolgere il nastro della storia insistendo a polemizzare, a negare, a rigettare il riconoscimento da parte del mondo della validità e legittimità delle aspirazioni del popolo ebraico. E’ così che, al vertice della Lega Araba del luglio 2016, il presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha annunciato l’intenzione di citare in giudizio la Gran Bretagna per aver emanato cento anni fa la Dichiarazione Balfour. Il rifiuto suo e degli altri leader palestinesi della Dichiarazione Balfour riflette la loro costante negazione di qualsiasi diritto del popolo ebraico nella sua patria, il che naturalmente non fa che allontanare ogni concreta prospettiva di coesistenza e di pace. La virulenta opposizione alla Dichiarazione Balfour era e rimane radicata nell’antistorica convinzione che gli ebrei siano degli estranei e nel falso assunto che essi non abbiano alcun legame con la Terra d’Israele e nessun diritto di alcun tipo a vivere in essa come popolo sovrano. Questo intollerante esclusivismo arabo è ciò che continua ancora oggi a tenere aperto il conflitto arabo-israeliano.
Nel 1917 il governo britannico riconobbe una verità storica e il mondo arabo lanciò una campagna lunga cento anni per negare e cancellare quella verità. Israele, lo stato nazionale del popolo ebraico, mentre celebra il centenario del sostegno alla sua storia nazionale incarnato nella Dichiarazione Balfour, tende ancora la mano ai suoi vicini arabi e palestinesi esortandoli ad accettare una volta per tutte la legittimità dell’appartenenza di Israele alla famiglia delle nazioni. Solo così potrà avverarsi la pace che tutti auspichiamo.
(Da: MFA, 29.10.17)