Le foto satellitari passate alla BBC erano il cartellino giallo. Poiché l’avvertimento è stato ignorato, Israele ha estratto il cartellino rosso
Di Ron Ben-Yishai, Yoav Limor
Scrive Ron Ben-Yishai: Se è vero che è stata l’aviazione israeliana ad attaccare venerdì scorso il deposito di armi di una base iraniana alla periferia di Damasco, vuol dire che Israele ha dimostrato a tutti gli attori che pescano nel torbido del pantano siriano che i suoi avvertimenti sono da prendere sul serio. Si può dare per certo che uno degli obiettivi dell’attacco notturno era quello di corroborare le linee rosse che Israele ha più volte indicato ai russi, agli americani, al regime di Bashar Assad, agli Hezbollah e, ovviamente, agli iraniani. Il messaggio principale è chiaro: Israele non può tollerare nessun tipo di presenza militare iraniana nella confinante Siria. Il fatto che russi e iraniani abbiano ostentatamente ignorato questo concetto, nei colloqui che il presidente russo Vladimir Putin ha avuto con i capi di Iran e Turchia, è probabilmente ciò che ha spinto Israele a rimarcare con forza il proprio messaggio.
Stando alle notizie riportate dai mass-media internazionali, Israele ha effettuato un’operazione diplomatica su due piani: uno di natura pubblica, l’altro militare. Nella prima fase, la BBC ha “ottenuto” tre settimane fa le foto satellitari di una vecchia base militare siriana di cui erano in corso demolizione e ricostruzione.
Il reportage sottolineava che la base, presso la città di al-Kiswah, 14 km a sud ovest di Damasco, avrebbe presto ospitato circa 500 miliziani che operano in Siria agli ordini dell’Iran.
La base si trova a una cinquantina di km dalle alture del Golan e, sebbene non sia abbastanza vicina da rappresentare una minaccia diretta per Israele, costituisce certamente una componente evidente e importante dello schieramento militare iraniano in Siria.
La scusa data dagli iraniani ai russi era che i miliziani sciiti avrebbero dovuto proteggere il regime di Assad nell’area di Damasco dai tentativi dei ribelli di rovesciarlo. Ma non c’è alcun dubbio che la struttura sarebbe diventata a tutti gli effetti una base iraniana su suolo siriano.
Il reportage sulla base di al-Kiswah, si può presumere, avrebbe dovuto scoraggiare gli iraniani e il regime siriano dal continuare i lavori di costruzione.
A quanto pare, Iran ed esercito siriano hanno invece continuato e, benché non vi si fossero ancora installate le forze che dovrebbe ospitare, si può dare per certo che al momento del raid vi si trovasse già una “rappresentanza” iraniana sotto-forma di poche decine di membri delle forze armate e della Guardia Rivoluzionaria iraniana. Più che abbastanza per Israele, a quanto pare.
Recentemente il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov aveva affermato che la presenza militare iraniana (e russa) in Siria è “legittima” perché invitata dal regime di Assad, che sarebbe il governo “legale”.
Ma Gerusalemme non è vincolata alle dichiarazioni di Mosca.
Per Israele, come hanno sempre messo in chiaro atti e dichiarazioni, una presenza militare iraniana permanente in Siria costituisce l’inaccettabile superamento di una linea rossa, anche nelle sue fasi iniziali.
L’ovvia conclusione è che è meglio affrontare un problema quando è ancora piccolo anziché bombardare una struttura come questa quando è completamente presidiata, causando molte vittime. La pubblicazione delle foto aeree era il cartellino giallo.
L’attacco di venerdì notte è il cartellino rosso.
Più specificatamente, a quanto risulta l’attacco alla struttura iraniana presso al-Kiswah, così come un precedente attacco a un deposito di armi destinate a Hezbollah anch’esso vicino a Damasco, non è stato fatto dallo spazio aereo siriano, ma lanciando da fuori missili aria-terra.
Il che rende credibili le notizie relative al tentativo da parte della difesa aerea siriana di intercettare l’attacco utilizzando munizioni anti-aeree.
Ma contrariamente a quanto affermato dal regime siriano, non sembra che i missili aria-terra israeliani siano stati colpiti dall’anti-aerea siriana.
E’ probabile che i caccia israeliani fossero già sulla via del ritorno quando sono stati lanciati i missili anti-aerei siriani.
Si può supporre che i siriani cercheranno di migliorare le loro capacità di intercettazione e reazione di fronte a queste situazioni, e che inoltreranno formale denuncia al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Indipendentemente da ciò, non sembra che l’attacco sia destinato a imprimere un’escalation nel futuro prevedibile.
Il capo dell’esercito iraniano, che ha recentemente visitato la Siria, sembra intenzionato a fornire ai siriani migliori sistemi di difesa anti-aerea, ma al momento il regime di Assad non dispone di misure significative per rispondere.
Durante la sua visita, il comandante iraniano aveva proclamato: “Non è ammissibile che il regime sionista vìoli la Siria quando vuole”. Ma resta da accertare se gli iraniani hanno subito perdite nell’attacco, il che potrebbe portare a possibili ritorsioni.
E i russi? Si tengono fuori, in conformità alla politica del Cremlino secondo cui ciò che succede tra Israele, iraniani e siriani non li riguarda, a meno che non costituisca una minaccia diretta per uomini, presenza e interessi della Russia in Siria.
(Da: YnetNews, 2.1.217)
Scrive Yoav Limor: È molto probabile che il raid sia stato accuratamente programmato per essere effettuato prima che la base venisse presidiata, allo scopo di ridurre al minimo il numero potenziale di vittime e prevenire uno scontro diretto Israele-Iran. Una mossa senz’altro intelligente, a breve termine: l’Iran non ha mai ammesso che sta costruendo una base in Siria e continuare a sostenere tale negazione gli permette di affermare che il sito bombardato era una base utilizzata dalla 90esima Divisione dell’esercito siriano, che l’incidente è tra Siria e Israele e che l’Iran non vi ha nulla a che fare. Ma l’Iran dovrà prendere alcune decisioni a lungo termine. Una di queste sarà se ricostruire la base di al-Kiswah o scegliere un altro luogo, forse da qualche parte nel nord della Siria dove Israele avrebbe più difficoltà a colpire. In senso più ampio, l’Iran dovrà decidere come portare avanti i suoi piani per la costruzione di basi aeree e navali in Siria senza rischiare che vengano distrutte e come instaurare un equilibrio di deterrenza con Israele. Questi dilemmi non si limitano all’Iran. Il raid di venerdì notte ha inviato un chiaro messaggio a tutti coloro che sono coinvolti nei colloqui per il cessate il fuoco in Siria. Israele ha chiesto che qualsiasi accordo preveda una zona cuscinetto smilitarizzata di 40 chilometri lungo il suo confine, ma le parti hanno finito per accettare solo una zona cuscinetto di 5 chilometri. Ora la Russia dovrà decidere se le azioni di Israele lungo il confine sono o non sono in linea con i suoi interessi. Le decisioni prese da Iran e Russia giocheranno un ruolo importante su come Israele modellerà la sua strategia. (Da: Israel HaYom, 3.12.17)
In un video-discorso pre-registrato giovedì in inglese per il Saban Forum di domenica a Washington, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ribadito i punti cruciali della politica israeliana rispetto a Siria e Iran:
Netanyahu: “Non permetteremo a un regime votato all’annientamento dello stato ebraico di acquisire armi nucleari; non permetteremo a quel regime di installarsi militarmente in Siria, come cerca di fare con lo scopo dichiarato di annientare il nostro stato”.