L’eccessivo rilascio di citochine proinfiammatorie, spesso indicato come “tempesta di citochine”, si traduce in sindrome da distress respiratorio acuto ed è una delle principali cause di mortalità nei pazienti COVID-19. Nella ricerca per controllare e gestire COVID-19, i ricercatori hanno esplorato varie strategie farmaceutiche e dietetiche.
Il ruolo dell’inflammasoma NLRP3 in COVID-19
Uno dei principali bersagli biologici nell’immunità innata è il dominio pirinico della famiglia dei recettori simili a NOD contenente 3 (NLRP3) inflammasoma. Questo inflammasoma svolge un ruolo cruciale nella regolazione delle risposte immunitarie e infiammatorie innate innescando la secrezione di interleuchina-1β (IL-1β).
Nel contesto di COVID-19, la gravità della malattia è stata strettamente associata all’attivazione dell’inflammasoma NLRP3 indotta dall’infezione da SARS-CoV-2.
I pazienti anziani, che sono a più alto rischio di esiti gravi della malattia, tendono a mostrare un’iperattivazione indotta dall’età dell’inflammasoma NLRP3. I ricercatori hanno anche dimostrato che la proteina N di SARS-CoV-2 attiva l’inflammasoma NLRP3, portando a risposte infiammatorie eccessive.
Vitamina D3 e Inflammasoma NLRP3
Precedenti studi hanno dimostrato che VD3 può inibire l’attivazione dell’inflammasoma NLRP3, attenuando così l’infiammazione associata a varie condizioni, come la parodontite e l’infiammazione indotta da particolato.
Ulteriori indagini hanno indicato che VD3 esercita i suoi effetti inibitori sull’inflammasoma NLRP3 interferendo con il processo di deubiquitinazione. La subunità complessa 3 (BRCC3) contenente BRCA1/BRCA2, una metalloproteasi deubiquitinasi (DUB) Zn2+ contenente il dominio JAMM, è stata identificata come un DUB endogeno che regola l’attivazione di NLRP3 promuovendone la deubiquitinazione. Tuttavia, l’associazione tra VD3 e l’inflammasoma NLRP3 nel contesto dell’infezione da SARS-CoV-2 è rimasta poco chiara.
VD3 come potenziale strategia terapeutica per COVID-19
In uno studio recente, i ricercatori hanno studiato gli effetti del VD3 sull’iperinfiammazione indotta dalla proteina N e sull’attivazione dell’inflammasoma NLRP3. I risultati hanno rivelato che VD3 ha attenuato l’iperinfiammazione indotta dalla proteina N di SARS-CoV-2 inattivando l’inflammasoma NLRP3.
Implicazioni e prospettive future
La scoperta della capacità di VD3 di modulare l’attivazione dell’inflammasoma NLRP3 nel contesto dell’infezione da SARS-CoV-2 apre strade promettenti per lo sviluppo di strategie terapeutiche per COVID-19.
Prendendo di mira la via di segnalazione VDR-BRCC3, i ricercatori possono esplorare il potenziale di VD3 come trattamento aggiuntivo o misura profilattica contro il COVID-19 grave. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire completamente le complessità di questo meccanismo e per valutare l’efficacia e la sicurezza dell’integrazione di VD3 in ambito clinico.
Inoltre, le indagini sul dosaggio ottimale, i tempi e la selezione dei pazienti contribuiranno alla riuscita traduzione di questi risultati nella pratica clinica.
Conclusione
La pandemia di COVID-19 ha evidenziato l’urgente necessità di interventi terapeutici efficaci. Lo studio qui discusso fornisce prove convincenti degli effetti inibitori di VD3 sull’attivazione dell’inflammasoma NLRP3 nell’infezione da SARS-CoV-2. Facendo luce sulla via di segnalazione VDR-BRCC3, questa ricerca apre la strada allo sviluppo di nuovi approcci terapeutici per COVID-19.
collegamento di riferimento: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/mco2.318