Nitazoxanide: un potenziale trattamento antivirale per i coronavirus umani stagionali

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I coronavirus (CoV) hanno attirato molta attenzione negli ultimi anni a causa della loro capacità di causare malattie sia negli animali che nell’uomo. Questi virus, che appartengono alla famiglia Coronaviridae e all’ordine Nidovirales, sono virus a RNA a filamento singolo con involucro e senso positivo con una composizione genetica unica.

I CoV sono responsabili di un’ampia gamma di malattie, comprese malattie respiratorie, enteriche, epatiche e neurologiche, con vari gradi di gravità nei loro ospiti. Questo articolo approfondisce il variegato mondo dei coronavirus, concentrandosi sulla loro classificazione, sulle infezioni umane e sul potenziale di trattamento.

Classificazione dei coronavirus

I coronavirus mostrano un’intrigante complessità genomica, con i più grandi genomi di RNA conosciuti, che in genere vanno da 27 a 32 kilobasi (kb) di lunghezza. I loro genomi contengono più fotogrammi di lettura aperti (ORF) disposti in un ordine coerente. L’ordine dei geni primari comprende un grande gene replicasi-trascrittasi seguito da geni strutturali (SEMN) e geni accessori. Questa disposizione genetica è un segno distintivo dei coronavirus e li distingue da altre famiglie virali.

Sulla base delle loro relazioni filogenetiche e delle strutture genomiche, i CoV sono suddivisi in quattro generi: coronavirus Alpha, Beta, Gamma e Delta. Gli alfa e i beta-CoV infettano principalmente i mammiferi, mentre i gamma e i delta-CoV hanno un serbatoio naturale negli uccelli, infettando occasionalmente i mammiferi.

I coronavirus umani (HCoV) appartengono ai generi Alpha e Beta-CoV. Prima della comparsa dei ceppi più recenti, erano conosciuti solo due HCoV: HCoV-OC43 e HCoV-229E.

Tuttavia, all’inizio degli anni 2000, furono identificati altri due HCoV, HCoV-NL63 e HCoV-HKU1, ampliando la nostra comprensione di questi virus.

Prospettiva storica: da infezioni lievi a epidemie letali

Inizialmente si credeva che i coronavirus umani causassero solo malattie lievi, simili al comune raffreddore. Questa percezione è cambiata radicalmente nel 2002, quando il mondo si è confrontato con l’epidemia di sindrome respiratoria acuta grave (SARS). Il SARS-CoV, un virus zoonotico, ha portato a un tasso di mortalità superiore al 10%, evidenziando la potenziale gravità delle infezioni da CoV nell’uomo. Nel 2012, uno scenario simile si è verificato con l’epidemia di sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS), causata da MERS-CoV, che ha mostrato un tasso di mortalità ancora più elevato, superiore al 35%.

Poi, alla fine del 2019, a Wuhan, in Cina, è emerso un nuovo coronavirus, il SARS-CoV-2. Questo virus, filogeneticamente correlato alla SARS-CoV, rappresentava una minaccia molto più significativa per la salute pubblica globale grazie alla sua efficiente trasmissione. Al 23 luglio 2023, aveva portato a oltre 768 milioni di casi confermati e oltre 6,9 ​​milioni di decessi in tutto il mondo. La malattia associata alla SARS-CoV-2, nota come COVID-19, presenta un’ampia gamma di caratteristiche cliniche, da casi asintomatici a sintomi respiratori gravi, polmonite, sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), disfunzione multiorgano e morte.

Coronavirus umani stagionali

Oltre ai famigerati SARS-CoV, MERS-CoV e SARS-CoV-2, sono stati identificati quattro coronavirus umani stagionali (sHCoV): HCoV-OC43, HCoV-229E, HCoV-NL63 e HCoV-HKU1. Questi virus sono ampiamente distribuiti a livello globale e si stima che contribuiscano al 15-30% dei casi di raffreddore comuni negli esseri umani.

Sebbene le infezioni da sHCoV siano tipicamente autolimitanti, possono causare gravi infezioni delle vie respiratorie inferiori, soprattutto in popolazioni vulnerabili come neonati, anziani e individui immunocompromessi. Inoltre, gli sHCoV sono stati implicati nelle malattie enteriche e neurologiche e si ipotizza un coinvolgimento dell’HCoV-229E nella malattia di Kawasaki.

In particolare, questi quattro sHCoV appartengono a due generi tassonomici distinti all’interno della famiglia Coronaviridae, Alpha e Beta. Impiegano anche diversi recettori, che svolgono un ruolo cruciale nel determinare il tropismo dei tessuti e la gamma dell’ospite. HCoV-229E e HCoV-NL63 utilizzano enzimi della superficie cellulare come recettori, tra cui l’aminopeptidasi N (APN) per HCoV-229E e l’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) per HCoV-NL63. Al contrario, HCoV-OC43 e HCoV-HKU1 si basano sull’acido sialico 9-O-acetilato come recettore.

Il ruolo della glicoproteina Spike

L’ingresso degli sHCoV nelle cellule ospiti è avviato dalla glicoproteina del picco (S), che è ancorata all’involucro virale. La proteina spike è una glicoproteina di fusione trimerica di classe I, con ciascun monomero che pesa tra 150 e 200 kDa dopo la glicosilazione. Inizialmente, il picco viene sintetizzato come un precursore inattivo, che poi si assembla in un omotrimero inattivo.

Le proteasi cellulari scindono questo omotrimero, generando due subunità funzionali: S1, contenente il dominio di legame del recettore responsabile del riconoscimento e del legame con il recettore ospite, e S2, la subunità ancorata alla membrana che ospita il meccanismo di fusione. La nascente proteina spike viene glicosilata nel reticolo endoplasmatico (ER) durante la sua sintesi, e quelle che superano i meccanismi di controllo di qualità vengono trasportate nel compartimento intermedio ER/Golgi (ERGIC), dove si presume che avvenga il germogliamento virale.

Opzioni terapeutiche per le infezioni da sHCoV

Nonostante il rischio di malattie gravi e potenzialmente letali causate dai coronavirus umani stagionali, i trattamenti specifici per queste infezioni rimangono sfuggenti. La mancanza di terapie efficaci ha spinto a ricerche approfondite su potenziali agenti antivirali.

Un candidato promettente è il nitazoxanide, originariamente sviluppato come agente antiprotozoico e successivamente approvato per il trattamento della gastroenterite infettiva. Il nitazoxanide, insieme ai tiazolidi di seconda generazione, è emerso come una nuova classe di farmaci antivirali ad ampio spettro.

Recenti indagini hanno esplorato l’attività antivirale del nitazoxanide contro tre sHCoV: HCoV-229E, HCoV-NL63 e HCoV-OC43. I risultati suggeriscono che il nitazoxanide esibisce potenti effetti inibitori sulla replicazione dell’HCoV, agendo a livello post-ingresso e interferendo con la maturazione delle glicoproteine ​​​​spike sia negli Alpha che nei Beta-sHCoV.

Discussione

Coronaviridae: una famiglia di virus in evoluzione

La famiglia Coronaviridae si distingue come una delle famiglie di virus in più rapida evoluzione grazie ai suoi elevati tassi di sostituzione e ricombinazione dei nucleotidi genomici. Questa rapida evoluzione ha portato alla comparsa di vari coronavirus con diversi gradi di patogenicità e velocità di trasmissione.

Ad oggi sono stati identificati sette coronavirus umani, tra cui HCoV-229E, HCoV-NL63, HCoV-OC43 e HCoV-HKU1, che circolano a livello globale nella popolazione umana. Inoltre, ci sono i coronavirus altamente patogeni, vale a dire SARS-CoV, MERS-CoV e SARS-CoV-2, che hanno causato pandemie devastanti, con la SARS-CoV-2 che ha portato alla pandemia senza precedenti di COVID-19.

La pandemia di COVID-19 ha stimolato sforzi significativi verso la vaccinazione globale. Tuttavia, l’emergere di varianti di picco SARS-CoV-2 che migliorano la diffusione del virus e possono influenzare l’efficacia del vaccino, insieme all’immunità protettiva di breve durata osservata con gli HCoV, sottolinea l’importanza di identificare farmaci antivirali per mitigare la morbilità e la mortalità associate ai coronavirus. .

Attualmente, due inibitori della RNA polimerasi RNA-dipendenti (RdRp) , remdesivir e molnupiravir, nonché un inibitore della proteasi virale, Paxlovid, sono stati approvati per l’uso contro SARS-CoV-2. Tuttavia, non sono disponibili farmaci o vaccini antivirali specifici per le infezioni stagionali da coronavirus.

Nitazoxanide: un antivirale ad ampio spettro

Il nitazoxanide ha attirato l’attenzione per le sue proprietà antivirali ad ampio spettro. Insieme al suo metabolita attivo tizoxanide e ai tiazolidi di seconda generazione, ha dimostrato efficacia contro vari agenti patogeni a RNA, tra cui rotavirus, epatite C e virus influenzali e parainfluenzali, sia in ambienti di laboratorio che in studi clinici.

Nel caso dei coronavirus, il potenziale antivirale del nitazoxanide è stato riconosciuto per la prima volta in un ceppo canino del virus (CCoV S-378) nelle cellule canine A72. Ulteriori studi hanno dimostrato che il nitazoxanide era tra i composti più efficaci testati contro vari ceppi di coronavirus. Ha mostrato un’efficacia significativa anche contro MERS-CoV. Nel contesto della SARS-CoV-2, è stato scoperto che il nitazoxanide inibisce la replicazione virale in diversi tipi di cellule, comprese le cellule Calu-3 derivate dal polmone umano, e in modelli animali.

Benefici clinici della nitazoxanide nei pazienti COVID-19

Diversi studi clinici hanno riportato l’attività antivirale e i benefici clinici del nitazoxanide nei pazienti COVID-19. Tuttavia, vale la pena notare che non tutti gli studi hanno prodotto risultati positivi, evidenziando la complessità dell’utilizzo di farmaci antivirali contro la SARS-CoV-2.

Uno studio recente ha suggerito che l’efficacia del nitazoxanide contro SARS-CoV-2 potrebbe dipendere dal dosaggio utilizzato e ha proposto l’ottimizzazione della formulazione del farmaco per migliorarne l’efficacia clinica.

Meccanismo d’azione: maturazione delle proteine ​​Spike

L’attività antivirale del nitazoxanide contro i coronavirus è associata alla sua interferenza con la maturazione della glicoproteina del picco (S). La proteina spike svolge un ruolo cruciale nell’assemblaggio del coronavirus e ostacolarne la maturazione può ostacolare la formazione di particelle virali della progenie.

È stato scoperto che il nitazoxanide influenza la maturazione delle proteine ​​​​del picco in uno stadio sensibile all’Endo-H, impedendone l’elaborazione finale. Questo effetto è associato all’inibizione mediata dal farmaco di ERp57, una tiolo-ossidoreduttasi specifica residente nel reticolo endoplasmatico essenziale per la corretta architettura del legame disolfuro di alcune proteine ​​virali.

Meccanismi multipli di azione

Oltre alla maturazione delle proteine ​​​​spike, l’attività antivirale del nitazoxanide può coinvolgere altri meccanismi. Questi includono:

  • Interferenza con il metabolismo energetico della cellula ospite: il nitazoxanide può ridurre i livelli di ATP cellulare disaccoppiando leggermente la fosforilazione ossidativa mitocondriale, con un potenziale impatto sulla replicazione del virus.
  • Induzione dell’autofagia: è stato dimostrato che il farmaco induce l’autofagia inibendo la via di segnalazione Akt/mTOR/ULK1, influenzando la replicazione del virus.
  • Attivazione di PKR: il nitazoxanide può attivare la proteina chinasi R (PKR), portando alla fosforilazione di eIF2-α, che fa parte della difesa antivirale dell’ospite.
  • Amplificazione della risposta immunitaria innata dell’ospite: il farmaco può potenziare la risposta immunitaria innata aumentando l’attivazione del recettore RIG-I-like, l’attività della proteina di segnalazione antivirale mitocondriale e le attività del fattore regolatore 3 dell’interferone.

Potenziale antivirale ad ampio spettro contro gli HCoV stagionali

In questo studio, il nitazoxanide ha dimostrato una potente attività antivirale contro tre coronavirus umani stagionali: HCoV-229E, HCoV-NL63 e HCoV-OC43. È importante sottolineare che l’efficacia del nitazoxanide contro questi coronavirus era paragonabile a quella del remdesivir antivirale ad azione diretta. A differenza del remdesivir, che può sviluppare resistenza, il nitazoxanide ha meno probabilità di portare alla resistenza a causa del suo meccanismo antivirale diretto all’ospite.

Inoltre, il nitazoxanide offre vantaggi come la somministrazione orale, un profilo di sicurezza ben consolidato e il potenziale per la terapia di combinazione con altri farmaci. Sebbene lo studio non abbia indagato sull’HCoV-HKU1 a causa della sua limitata capacità di crescere in coltura cellulare, i risultati suggeriscono che il nitazoxanide potrebbe essere uno strumento prezioso nel trattamento delle infezioni stagionali da coronavirus.

Conclusione

I coronavirus sono una famiglia diversificata di virus che possono causare un’ampia gamma di malattie negli animali e nell’uomo. Mentre originariamente si credeva che alcuni coronavirus umani causassero solo malattie lievi, le recenti epidemie di SARS, MERS e COVID-19 hanno evidenziato le gravi conseguenze che questi virus possono avere sulla salute pubblica. Inoltre, i coronavirus umani stagionali continuano a circolare e causano malattie respiratorie e di altro tipo, soprattutto nelle popolazioni vulnerabili.

Comprendere la composizione genetica e i meccanismi di questi virus, nonché identificare potenziali trattamenti come il nitazoxanide, è fondamentale per mitigare


link di riferimento: https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fmicb.2023.1206951/full

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