L’ischemia retinica, un fattore critico nei disturbi che mettono a rischio la vista, è stata sempre più compresa attraverso la lente della patologia cellulare e della biologia molecolare. Questa condizione è fondamentale per uno spettro di malattie della retina, tra cui l’occlusione delle arterie/vene retiniche centrali o ramificate, la degenerazione maculare legata all’età, il glaucoma e altre, che sono strettamente legate allo stress ossidativo cumulativo. Questi cambiamenti patologici, che si verificano a livello cellulare, hanno profonde implicazioni sulla funzionalità e sulla sopravvivenza di varie cellule retiniche.
Ad esempio, l’epitelio pigmentato retinico (RPE), con la sua capacità rigenerativa limitata, svolge un ruolo fondamentale nella salute dei bastoncelli e dei coni. La progressiva degenerazione e morte delle cellule RPE contribuisce in modo significativo all’insorgenza di malattie come la degenerazione maculare legata all’età. I pazienti con tali condizioni spesso presentano gravi disturbi della vista, perdendo la capacità di riconoscere i tratti del viso. Inoltre, questo declino visivo è stato correlato con impatti psicologici, tra cui depressione e crolli mentali.
Un fattore molecolare chiave nell’ischemia retinica è il fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF), che viene secreto in quantità maggiori durante tali condizioni. La sovraregolazione del VEGF è strettamente legata all’attività del fattore 1-alfa inducibile dall’ipossia (HIF-1α), una risposta allo stress ossidativo. La piruvato chinasi M2 (PKM2) è stata identificata come un co-attivatore di HIF-1α, suggerendo una complessa interazione nell’attivazione dell’espressione VEGF. L’interazione tra PKM2 e HIF-1α porta ad un aumento della secrezione di VEGF, contribuendo allo sviluppo di vasi neovascolari fragili e permeabili, un segno distintivo dell’ischemia retinica.
Inoltre, i processi infiammatori successivi alla riperfusione aggravano significativamente la morte delle cellule retiniche. Una molecola fondamentale in questo processo è la proteina-1 chemoattrattante monocitica (MCP-1), nota per il suo ruolo nell’indurre la neovascolarizzazione retinica e nell’orchestrare la cascata infiammatoria nella retinopatia ischemica. MCP-1 regola la neovascolarizzazione e l’infiammazione della retina attraverso un aumento della chemiotassi di cellule come i macrofagi. Inoltre, monociti e macrofagi sono implicati nella produzione e nell’infiammazione delle specie reattive dell’ossigeno (ROS), che portano alla neovascolarizzazione, alla permeabilità vascolare e alla disfunzione. È importante sottolineare che l’interazione tra PKM2 e MCP-1 è stata evidenziata in studi recenti, come quello di Doddapattar et al. (2022), indicando una correlazione tra deficit di PKM2 e ridotta attività delle molecole proinfiammatorie.
Lo studio ha inoltre indagato il ruolo della S-allil L-cisteina (SAC), un componente presente nell’estratto secco di aglio invecchiato, noto per le sue proprietà antiossidanti e neuroprotettive. La ricerca mirava a esplorare il potenziale terapeutico della SAC nel contesto dell’ischemia retinica. L’aglio, un ingrediente comune sia nella cucina asiatica che in quella caucasica, presenta una strada interessante per valutare gli effetti terapeutici. Le proprietà della SAC sono state valutate attraverso esperimenti di colture cellulari su RPE suini in condizioni di stress ossidativo e in un modello animale di ischemia retinica. Gli antiossidanti, come la SAC, sono sempre più riconosciuti per il loro ruolo nel trattamento e nella prevenzione dei disturbi legati all’ischemia.
Analisi dettagliata
Il potenziale terapeutico della S-allil-L-cisteina: una revisione completa sulla neuroprotezione e sui meccanismi sottostanti
La S-allil-L-cisteina (SAC), un composto organozolfo derivato dall’aglio, è stato riconosciuto per le sue potenti proprietà antiossidanti e per il suo ruolo nella medicina tradizionale. Questa recensione approfondisce gli effetti neuroprotettivi della SAC, in particolare contro le condizioni neurodegenerative legate allo stress del reticolo endoplasmatico (ER), ed esplora il suo potenziale come agente terapeutico.
La SAC, proveniente principalmente dall’Allium sativum (aglio), viene creata attraverso l’idrolisi della γ-glutamil-S-allil-cisteina (GSAC) da parte della γ-glutamil transpeptidasi (γGTP). Notevole per la sua elevata capacità antiossidante, la SAC è un integratore alimentare comune e ha un’impronta storica nella medicina tradizionale. Oltre alla sua capacità antiossidante, la SAC ha dimostrato una serie di effetti biologici tra cui proprietà antidiabetiche, ipocolesterolemizzanti, antitumorali e antiepatotossiche.
Trovato nell’estratto di aglio invecchiato (AGE), il SAC si è mostrato promettente nel migliorare la sopravvivenza neuronale e nel promuovere la ramificazione assonale nelle colture di neuroni ippocampali di ratto. In particolare, la sua assunzione cronica a basse dosi ha dimostrato di migliorare l’apprendimento e la memoria nei ceppi di topi con senescenza accelerata. Lo studio di Baluchnejadmojarad et al. ha ulteriormente evidenziato il suo ruolo nel miglioramento dei deficit cognitivi nei modelli di ratti diabetici mitigando lo stress ossidativo e la neuroinfiammazione.
Il reticolo endoplasmatico e le malattie neurodegenerative
Il reticolo endoplasmatico (ER) è parte integrante di varie funzioni cellulari, tra cui la sintesi e il ripiegamento delle proteine, la sintesi dei lipidi e l’immagazzinamento del calcio. Lo stress ER, derivante dall’accumulo di proteine mal ripiegate, è implicato in diverse malattie neurologiche, come l’Alzheimer, il Parkinson e la malattia di Huntington. Ciò rende gli agenti farmacologici mirati alle vie di segnalazione dello stress dell’ER potenziali candidati terapeutici per le malattie neurodegenerative.
SAC e pronto soccorso
È stato osservato che il SAC protegge dalla morte neuronale indotta dallo stress ER. La risposta proteica spiegata (UPR), attivata dallo stress ER, può portare alla sopravvivenza o alla morte cellulare, a seconda della gravità dello stress. Il ruolo neuroprotettivo del SAC è evidente nella sua capacità di attenuare l’attivazione della caspasi-12, un attore cruciale nell’apoptosi indotta dallo stress ER. I nostri studi hanno dimostrato l’efficacia della SAC nel prevenire la morte neuronale indotta dal peptide β-amiloide e dalla tunicamicina, entrambi coinvolti nella patologia della malattia di Alzheimer.
Il ruolo di Calpain nel meccanismo d’azione del SAC
Si ritiene che la calpaina, una proteasi cisteina citoplasmatica, sia un bersaglio significativo della SAC. È coinvolto nell’attivazione della caspasi-12 durante lo stress del RE, principalmente attraverso il rilascio di calcio dal RE. La nostra ricerca indica che la SAC può inibire direttamente l’attività della calpaina, suggerendo un nuovo meccanismo d’azione per la SAC oltre alle sue proprietà antiossidanti. Questa inibizione della calpaina, e di conseguenza la ridotta attivazione della caspasi-12, sottolinea il potenziale neuroprotettivo del SAC contro lo stress ER.
Analoghi del SAC e loro effetti neuroprotettivi
Esplorando oltre la SAC, vari composti solforati sostituiti come la S-metil-L-cisteina (SMC), la S-etil-L-cisteina (SEC) e la S-propil-L-cisteina (SPC) si sono mostrati promettenti. I nostri esperimenti con derivati SAC hanno dimostrato che alcune modifiche possono migliorare gli effetti neuroprotettivi contro lo stress ER. È interessante notare che SEC e SPC non hanno inibito l’attività della calpaina, suggerendo un meccanismo d’azione diverso rispetto a SAC.
Conclusione
SAC presenta un approccio multiforme alla neuroprotezione, principalmente attraverso i suoi effetti sullo stress ER e sull’attività della calpaina. Il suo ruolo nella medicina tradizionale e negli integratori alimentari è ben consolidato, ma il suo potenziale nelle applicazioni terapeutiche per le malattie neurodegenerative merita ulteriori esplorazioni. I risultati di vari studi, compresi quelli sui suoi analoghi, aprono nuove strade per la ricerca sui meccanismi del SAC e sul suo potenziale come prototipo per farmaci mirati alle malattie neurodegenerative associate allo stress ER.
riferimento: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6966174/
Discussione
L’ischemia retinica contribuisce in modo significativo a una serie di gravi disturbi oculari, tra cui la retinopatia diabetica, la degenerazione maculare neovascolare correlata all’età (AMD) e varie forme di occlusione delle arterie e delle vene retiniche. Negli ultimi due decenni, i trattamenti che coinvolgono agenti anticorpali anti-VEGF e steroidi sono emersi come interventi cruciali. Tuttavia, questi trattamenti non sono universalmente efficaci, con alcuni pazienti che riscontrano scarsi risultati visivi nonostante l’emorragia oculare e l’edema maculare controllati.
La comunità medica sta esplorando attivamente nuovi trattamenti per affrontare queste carenze. Un’area di ricerca promettente è l’uso di inibitori a monte, come PKM2, che inibiscono ulteriormente il biomarcatore VEGF a valle, e di agenti antinfiammatori che prendono di mira biomarcatori infiammatori come MCP-1. Questi nuovi approcci sono particolarmente vitali nei casi in cui i tradizionali trattamenti anti-VEGF o steroidi falliscono.
Un obiettivo chiave della ricerca recente è stato il potenziale effetto antiossidante della S-allil L-cisteina (SAC) sulle cellule dello stress ossidativo indotto da H2O2, come le cellule dell’epitelio pigmentato retinico (RPE). Lo stress ossidativo è una componente critica della cascata ischemica e le proprietà antiossidanti della SAC potrebbero fornire un approccio alternativo nella prevenzione e nel trattamento delle malattie oculari correlate all’ischemia. Il SAC ha dimostrato potenti effetti antiossidanti, tra cui l’eliminazione delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) come superossidi, perossido di idrogeno e radicali idrossilici. Questa proprietà del SAC è particolarmente significativa nella sua capacità di proteggere dall’ischemia retinica, una causa comune di deficit visivo, inibendo la sovraregolazione di VEGF, MMP-9 e HIF-1α.
I nuovi meccanismi protettivi del SAC nell’inibire biomarcatori come PKM2 e MCP-1 sono cruciali. Questi biomarcatori sono coinvolti nella neovascolarizzazione correlata all’ischemia e nel reclutamento di macrofagi che sovraregolano il TNF-alfa insieme al VEGF. La ricerca indica che la SAC può essere efficace nel prevenire lo sviluppo e la progressione di disturbi correlati all’ischemia retinica, come l’occlusione delle vene retiniche centrali e ramificate, l’occlusione delle arterie retiniche centrali e ramificate, la retinopatia diabetica, il glaucoma a tensione normale e l’AMD neovascolare.
L’attuale ricerca sugli RPE suini dimostra che la SAC può attenuare significativamente la morte cellulare indotta dallo stress ossidativo, suggerendo il suo ruolo come antiossidante nella prevenzione dei disturbi ischemici. Ciò è ulteriormente supportato dagli studi Western blot ed ELISA, che mostrano gli effetti protettivi del SAC contro lo stress ossidativo attraverso la downregulation di fattori correlati all’ischemia come PKM2 e biomarcatori infiammatori come MCP-1.
Inoltre, studi recenti hanno dimostrato che la SAC pre-somministrata può attenuare le riduzioni dei rapporti delle onde b ERG causate da ischemia retinica o eccitotossicità. Questo studio estende questi risultati, dimostrando che la post-somministrazione di SAC può contrastare la diminuzione legata all’ischemia dell’onda b ERG e ridurre il numero di RGC in un modello ischemico retinico.
Sebbene questa ricerca offra spunti promettenti sul trattamento dell’ischemia retinica, è importante considerarne i limiti. La dipendenza dello studio da un modello animale di ischemia acuta potrebbe non replicare completamente le condizioni croniche di ischemia retinica negli esseri umani. Tuttavia, il modello rimane uno strumento prezioso per comprendere la patologia dell’ischemia retinica e testare potenziali trattamenti.
In conclusione, la ricerca sulla SAC presenta un progresso significativo nella comprensione e nel trattamento dell’ischemia retinica. La capacità della SAC di sottoregolare biomarcatori critici come MCP-1 e PKM2, combinata con le sue proprietà antiossidanti, la posiziona come potenziale trattamento alternativo e complementare per i disturbi correlati all’ischemia. Ciò è particolarmente rilevante quando i trattamenti tradizionali come gli anti-VEGF e gli steroidi sono inefficaci, evidenziando l’importanza della continua ricerca e sviluppo in questo campo.
link di riferimento: https://www.mdpi.com/1422-0067/25/2/1349