analisi recensita da : http://it.sputniknews.com/
“La Russia non può sostenere Assad”. Sono le parole di John Kerry pronunciate in un’intervista rilasciata a La Stampa, nella quale ha anche ribadito la volontà degli Stati Uniti di combattere l’Isis.
A questo punto sorge un piccolo dubbio: forse Kerry non sa che anche Assad vuole combattere l’Isis e lo sta già facendo sul campo da tempo?
La Russia che ha sempre sostenuto Assad senza nasconderlo, con l’aiuto che propone in questi giorni al governo siriano per lottare contro lo Stato Islamico, ha fatto scoprire le carte anche agli altri giocatori. Forse si tratterebbe di una vera svolta nella crisi siriana o almeno adesso sarà più evidente chi combatte effettivamente l’Isis e chi invece lo appoggia.
Far crollare Assad, il quale secondo Kerry alimenta gli estremismi, significherebbe lasciare la Siria in mano all’Isis, ai tagliagole, ad Al-Qaeda o comunque sia al caos più totale. È quello che vogliono gli Stati Uniti? Sputnik Italia ha raggiunto per una riflessione in merito Giampiero Venturi, responsabile analisi geopolitiche di Difesa Online.— Un sostegno sempre più crescente di Mosca ad Assad potrebbe rappresentare una svolta nella questione siriana?
— Assolutamente sì. Io prenderei in esame l’appoggio di Mosca a Damasco sotto due aspetti anche per fugare alcune nubi che si addensano sulla questione. Da una parte la legittimità: dal punto di vista del diritto non mi sembra ci sia nulla da eccepire, per il fatto che fino a prova a contraria Damasco è un governo legittimo e riconosciuto ed è quello di Bashar al-Assad. L’interveneto è stato chiesto direttamente dalla Siria. Inoltre l’aiuto della Russia alla Siria si inquadra all’interno di relazioni storiche ben consolidate.
Sul piano dell’opportunità politica l’atteggiamento di Israele spiega molte cose come anche quello che è emerso dai colloqui intercorsi tra Netanyahu e il presidente Putin. Sta prevalendo, direi finalmente, una linea pragmatica tesa a risolvere i problemi. Se Israele accetta l’idea di mantenere al potere Assad o addirittura di consolidarlo attraverso l’aiuto russo, evidentemente questa deve essere una svolta. Israele è un perno negli equilibri del Medo Oriente.
— Gli Stati Uniti, come dimostra anche l’intervista a Kerry su La Stampa di oggi, sono molto preoccupati del sostegno russo ad Assad. Kerry ha dichiarato che Assad non va sostenuto, perché “alimenta la crescita dell’estremismo”. Come possiamo interpretare tutto ciò: l’amministrazione Obama è composta da incompetenti o ha le idee molto confuse?
— Quello di Kerry è un discorso che abbiamo già sentito a Kiev. Più che analizzare le contingenze, l’amministrazione degli Stati Uniti si preoccupa di attuare una politica di contrasto alla Russia, che si è considerata negli ultimi anni come un antagonista al potere unilaterale globale degli Stati Uniti. Non si può prendere in esame la dichiarazione di Kerry relativa ad Assad semplicemente per il fatto che tutti noi stiamo cercando di capire il motivo per cui Assad è stato preso di mira dagli Stati Uniti.
Tutto ciò si inquadra in una politica dissennata degli ultimi anni in Medio Oriente volta ad eliminare dei cardini, dei punti fermi, come i vari rais. Benché scomodi, politicamente scorretti, non allineati al pensiero democratico occidentale, i rais erano dei coperchi su pentole che bollivano, garantivano gli assetti politici nel Medio Oriente. Colpire anche Assad sarebbe l’ennesimo errore dopo l’eliminazione di Gheddafi. La politica americana lascia perplessi, soprattutto se pensiamo a quali possano essere le conseguenze.
— Gli Stati Uniti nonostante scelte politiche strane, affermano che vogliono sconfiggere l’Isis. Lo Stato Islamico però avanza e conquista sempre più territori. Possiamo concludere che la strategia americana, nel caso ne esistesse una, è fallimentare?
— Partiamo dal fatto che l’Isis è un soggetto molto fluido ed enigmatico. Che cosa ci sia dietro l’Isis e che cosa sia veramente l’Isis probabilmente non l’ha capito nessuno. La guerra all’Isis lascia tutti molto perplessi. Dobbiamo considerare lo Stato Islamico come il vuoto conseguente ad una politica dissennata in Medio Oriente. Un vuoto politico che è cominciato in Iraq. Il fatto che gli Stati Uniti combattano l’Isis, ma questo rimanga un problema incarnando l’instabilità della zona, ci lascia pensare che la politica americana non sia in questo momento la più vincente.
— Possiamo dire che il sostegno russo a Damasco di questi giorni mette i puntini sulle “i”. Dalle reazioni dei diversi Paesi vediamo chi vuole combattere veramente l’Isis. Perché gli Stati Uniti, così preoccupati dal ruolo di Mosca in Siria, vogliono la caduta di Damasco, per creare ancora più caos in Medio Oriente?
–Avere aree destabilizzate pone il terreno ad ingerenze ed interventi, questo alle grandi potenze può sempre far comodo. Damasco è un nemico storico degli Stati Uniti. Il grande mistero è perché si continui a prendere di mira Assad nonostante lo stesso Israele abbia accettato l’idea che possa essere mantenuto al potere. Bisognerebbe chiederlo direttamente agli Stati Uniti.
Per quanto riguarda l’intervento russo che mette i puntini sulle “i” su chi voglia effettivamente combattere l’Isis, sono completamente d’accordo, soprattutto alla luce del comportamento ambiguo che ha la Turchia, la quale contribuisce a destabilizzare l’area. I colloqui tra Israele e la Russia rappresentano una presa di posizione rispetto alla politica di Ankara che non si capisce.
Credo che una forte presa di posizione da parte della Russia possa aiutare molto a far capire quali siano gli assetti e gli schieramenti e che cosa ci sia sul terreno in questo momento di confusione.
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