E’ nei momenti di difficoltà che bisogna trovare il modo per sviluppare nuove possibilità di cooperazione.
Non siamo al “quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare”, ma è significativo l’invito che il vicepremier russo Arkadiy Dvorkovich ha rivolto agli investitori italiani in occasione del seminario “Dopo EXPO-2015, nuove forme di collaborazione tra Italia e Russia nel settore agroalimentare”, presso l’ambasciata italiana di Mosca.
Fino al 17 settembre nella capitale russa è in corso il salone del cibo “World Food Expo”, dove lo stand italiano, con 27 produttori è il più grande tra quelli dei paesi europei. Una presenza importante, nonostante il momento difficile che stanno attraversando le relazioni commerciali fra Italia e Russia.
I dati diffusi dall’Istituto Italiano per il Commercio estero, parlano chiaro: nell’ultimo anno il volume dell’export italiano in Russia nel settore agroalimentari e bevande è calato del 41%, con un controvalore passato da 444 a 258 milioni di euro. Effetto delle controsanzioni, a cui si unisce la politica del governo russo di sostegno alla produzione propria in sostituzione dei prodotti importati, che ha già dato vita, per esempio, a mozzarelle o mascarpone russi. Un danno doppio per l’export italiano, che in tutto il mondo soffre per il cosidetto “italian sounding” dove prodotti dal nome vagamente simile a quello italiano vengono spacciati per “made in Italy”.
In attesa di tempi migliori, leggi l’abolizione delle controsanzioni russe — in questo senso la posizione di Mosca è nota “tocca a voi fare il primo passo” — la soluzione è il passaggio dal “made in Italy” al “made with Italy”. Il senso della visita dei produttori italiani e dell’incontro tenuto all’ambasciata di Mosca è riassumibile proprio in questo: favorire l’approdo di investitori stranieri nelle regioni russe, per sviluppare insieme la produzione dei prodotti agricoli, trasferendo il know how e le tecnologie del Bel Paese, al servizio dei produttori russi. Insomma, il parmigiano prodotto a Belgorod non sarà mai “reggiano”, ma può venire prodotto a regola d’arte anche lontano dall’Italia, a patto che la produzione sia seguita in prima linea da esperti italiani. In Russia, ci sono già esempi di questo tipo: il gruppo Cremonini di lavorazione della carne nella regione di Orenburg o la Barilla che a breve aprirà un nuovo polo produttivo nella regione di Mosca. Il vicepremier russo Arkadiy Dvorkovich, reduce dalla visita al forum di Cernobbio ed all’Expo di Milano in esclusiva per Sputnik Italia ha fotografo così lo status delle relazioni italo-russe:
Tra noi e l’Italia ci sono molti progetti comuni ed è in atto un dialogo attivo nella sfera politica, dove su base regolare tra il presidente russo ed il primo ministro italiano vengono discusse le questioni globali e la cooperazione in questo ambito. Dal punto di vista economico, invece, tra i nostri paesi sono in corso di svolgimento progetti comuni nei settori petrolifero, aerospaziale, della progettistica navale, delle telecomunicazioni ed anche dell’agricoltura. Inoltre tutti i meccanismi creati nell’ambito del nostro consiglio economico comune operano a pieno regime: i gruppi di lavoro proseguono i loro tavoli e lo fanno senza inutile clamore, mantenendo un approccio pratico. Tutto questo da i suoi frutti, perciò continueremo a portare avanti la nostra cooperazione.
L’interesse dell’Italia e degli imprenditori italiani verso il mercato russo rimane alto, nonostante sia oggettivamente difficile realizzarlo in questo momento, però è proprio in questi momenti che bisogna fare la differenza, come ribadisce Dvorkovich:
Oggi occorre cercare delle opportunità di realizzazione di progetti comuni. Quando ci sono delle difficoltà, c’è anche un potenziale per una nuova cooperazione ed oggi questo potenziale è presente soprattutto nel settore agroalimentare. Sono sicuro che fin dal prossimo futuro vedremo decine di progetti in questa sfera.
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