Le donne saudite hanno iniziato la loro prima campagna elettorale per ottenere ufficialmente una carica pubblica, cercando di sfatare il mito conservatore e facendo un passo avanti per i diritti delle donne nel lento processo di riforma del regno conservatore.
Più di 900 donne concorreranno il dicembre 12 nelle elezioni municipali.
I funzionari del regno lo hanno descritto come un “passo decisivo verso una società fondata sulla partecipazione”, ma le organizzazioni per i diritti umani, nonostante lo reputino un buon inizio, sostengono che non si possa ancora parlare di parità di genere in Arabia Saudita.
Le elezioni sono un evento raro nel Paese, governato dalla monarchia assoluta del re Salman, salito al potere dopo la morte del re Abdullah lo scorso 23 gennaio.
Le prime elezioni municipali del Regno si sono tenute nel 2005, seguite da un altro voto nel 2011, ma in entrambi i casi solo gli uomini sono stati autorizzati a partecipare.
Rimangono tuttavia alcuni ostacoli da superare. Per potersi registrare al voto, per esempio, le donne saudite hanno bisogno di un documento d’identità valido, e non tutte lo hanno. Nonostante possano registrarsi per ottenerlo senza il permesso di un uomo, sono obbligate a rispettare alcuni divieti sulla libertà di circolazione e non sono autorizzate a guidare. Inoltre l’eventuale opposizione da parte di membri maschili della famiglia potrebbe causare ulteriori problemi.
Secondo quanto riportato da Human Rights Watch, questo mese il ministero degli Affari Sociali avrebbe sospeso i corsi di formazione per le elezioni organizzati dalla Baladi Initiative, un’iniziativa di alcune donne che premono per un ruolo maggiore delle donne all’interno della società saudita. Il ministero sostiene di aver chiuso i seminari per problemi di licenza, ma secondo l’organizzazione la chiusura sarebbe un tentativo di ostacolare le attività volte a rendere le donne più indipendenti ed emancipate.
La monarchia assoluta, che applica la sua rigida interpretazione dell’islam, ha affrontato numerose critiche per la mancanza di parità di diritti.
Le donne si devono inoltre coprire di nero dalla testa ai piedi in pubblico e sono obbligate a richiedere l’autorizzazione da parte dei membri maschi della famiglia per viaggiare, lavorare o sposarsi.
Uno dei cambiamenti più urgenti su cui le candidate vogliono puntare è dare maggior spazio alla popolazione femminile nella società.
L’Arabia saudita applica una versione rigorosa dell’islam sunnita (wahabita), che pone molte restrizioni alle attività e ai diritti sociali delle donne, infatti :
- non possono guidare automezzi,
- lasciare la casa o il Paese se non accompagnate da un parente maschio,
- ricevere cure mediche senza il permesso di un parente.
Nel 2011 il defunto re Abdullah bin Abdul Aziz ha stabilito la possibilità per le donne di candidarsi ed eleggere proprie rappresentanti (nelle future elezioni municipali del 2015), dopo una protesta nata sui social media in cui la popolazione femminile chiedeva di poter esprimere il diritto di voto.
Il re ha anche concesso alle donne di soggiornare negli hotel senza una lettera del coniuge, decisione che ha reso più facile spostarsi per affari.
Egli ha nominato la prima donna vice ministro, ha aperto la prima università mista ed eliminato i commessi maschi dai negozi di intimo da donna e nelle profumerie.
Il nuovo re Salman, succeduto a gennaio, ha mantenuto le concessioni del fratellastro.
Come conseguenza delle timide aperture del re Abdullah, la manodopera femminile è aumentata del 48% rispetto al 2010. “Creare una forza lavoro di questo tipo può avere un effetto moltiplicativo sull’economia”, riferisce Monica Malik, economista all’Abu Dhabi Commercial Bank.
“Se si ha una percentuale del 50% di manodopera inutilizzata, si crea un grave fardello per l’economia”.
Nonostante il recente ingresso nel mercato del lavoro, le donne rappresentano ancora solo il 16% della forza lavoro totale nel regno, mentre il 60% è non impiegata.