Papa Francesco, ‘la sofferenza è la benzina del terrorismo’ ? Guardate gli ebrei
Papa Francesco, nell’accorato appello per la giustizia sociale che ha fatto in un discorso ai legislatori keniani di Nairobi la scorsa settimana, affermava che “la violenza, i conflitti ed il terrorismo … sono alimentati dalla paura e dalla disperazione … nati dalla povertà e frustrazione”.
Eppure niente, nemmeno la disperazione, può giustificare il terrorismo.
Le radici del terrorismo si trovano solo in un’educazione basata sull’odio.
Gli ebrei hanno un’immensa esperienza con la disperazione.
La nostra storia dimostra altri modi più costruttivi per uscire da tali situazioni.
La disperazione non è mai stata una giustificazione per gli ebrei a commettere atti di violenza in nome della religione.
Gli ebrei hanno sfilato per le strade di Roma in catene mentre il Santuario di Gerusalemme era in fiamme.
Gli ebrei sono stati gettati in anfiteatri dove leoni affamati e spettatori attendevano che il sangue scorresse a fiumi, bruciati, chiamati marrani, tutte le candele accese per le preghiere nella nostra lingua ancestrale vietate, espulsi dalla Spagna e vagato per molti paesi in cerca di una nuova casa.
Gli ebrei sono stati massacrati nei pogrom, le sinagoghe chiuse, i bambini arruolati negli eserciti da cui non sono più tornati, privati del diritto al lavoro, di possedere, a votare, a parlare, derubati di quella dignità che ogni essere umano dovrebbe godere di diritto da quando si nasce.
I denti d’oro sono stati strappati dalle bocche e le braccia mostrate come se fossimo animali per il macello. Agli Ebrei è stato detto “Torna alla tua patria” secoli fa ed ora che siamo a casa ci dicono “uscite da lì”.
Gli Ebrei sono una parte inscindibile del tessuto storico del mondo.
La presenza ebraica è il filo conduttore nella maggior parte dei paesi del globo.
In ogni luogo in cui sono arrivati su questa terra, hanno prodotto poeti, matematici, fisici, scrittori, politici, scienziati, medici, inventori.
Anche quando erano chiusi in ghetti non hanno mai smesso di scrivere, pensare, discutere, produrre qualcosa di buono.
Gli Ebrei non hanno mai messo le vite in standby, nemmeno per un po’.
Agli ebrei è stato insegnato che ogni istante su questa terra è la più grande ricchezza che si possiede, e che la vita è il dono più prezioso che si può ricevere da quando si è nati, non c’è né il tempo né la voglia di sguazzare in autocommiserazione.
E non c’è spazio per risentimento.
Gli Ebrei sono tornati, senza i genitori, i fratelli, i figli, i mariti e mogli, in Germania, Italia e Francia.
I paesi interessati a flussi migratori dovrebbero studiare la storia ebraica ed il modello di integrazione.
In ogni nuovo posto in cui sono arrivati, ha ereditato la loro regola d’oro:
“mai scivolare sulle tue lacrime”.
Gli Ebrei non hanno aspettato la compassione dei paesi che hanno aperto i loro confini, ma hanno provato fin dall’inizio ad integrarsi nel tessuto sociale del luogo che li ospitava.
Grazie a tele azioni ed attitudini hanno contribuito allo sviluppo ed il progresso reciproco.
Ci sono quelli che utilizzano la disperazione come giustificazione per l’omicidio di innocenti.
E ci sono quelli che hanno messo da parte la disperazione, bloccandolo nel cassetto della memoria, e cercano di risalire verso l’alto, concentrandosi su nuove opportunità.
Occorre ricordare a Papa Francesco, al segretario John Kerry, Hillary Clinton, e centinaia di influenzatori del mondo che sono alla ricerca di una ragione, per un motivo, dietro la trasformazione degli individui in schegge letali.
Anche approfondendo le vicende personali, delle tragiche vite di questi assassini (anche se in molti casi vivono in esattamente lo stesso standard, come quelli nella società che li circonda), niente, niente, può giustificare un atto di violenza cieca contro un altro essere umano.
Niente, può dare il diritto ad un individuo di privare un altro del suo domani.
La ricerca di giustificazioni significa solo una cosa: la preparazione del terreno per il prossimo atto brutale.
La storia non ha mai maltrattato una nazione più di quello che ha maltrattato il popolo ebraico.
Gli Ebrei non hanno mai chiesto al posto che li ha ospitati di adattarsi alle sue regole.
“Dina demalchuta dina” – la legge del paese deve diventare la tua legge – dice il Talmud.
Una reale integrazione, anche per le persone più disperate, può essere realizzata, ma dipende, in primo luogo, sui valori trasmessi dalla religione, le famiglie e gli insegnanti di coloro che sono appena arrivati.
E dipende dalla volontà di far parte della società in modo costruttivo e positivo.