Mentre i colloqui di pace per la Siria arrancano e a Londra si riunisce la Conferenza dei donatori, dalla crisi siriana si configura l’ipotesi della nascita di due entità statali
Si è aperta giovedì 4 febbraio la Conferenza di Londra dove si sono riuniti i leader mondiali per discutere della crisi umanitaria siriana.
Un paese ormai devastato dalla guerra civile e in cui decine di migliaia di profughi sono in fuga dalle loro case, dai loro villaggi e dalle città di Latakia e Aleppo, recentemente colpite dagli attacchi del regime siriano e dai raid russi.
Moltissime sono anche le persone che vivono in città sotto assedio e che soffrono di carestia.
Le immagini di macerie che cadono sopra i bambini o quelle di civili fatti a pezzi sono state, in sintesi, ciò che la Russia e il regime di Damasco hanno presentato all’interno degli ultimi negoziati di Ginevra come forma di “miglioramento”, inteso a modo loro, dello stallo siriano.
È proprio a causa delle continue operazioni militari in Siria che i colloqui di pace, avviati tra il regime di Damasco e l’opposizione, sono stati recentemente sospesi.
Lo stesso giorno della conferenza dei donatori a Londra invece, tre aerei cargo e un elicottero americano hanno trasportato armi leggere e munizioni provenienti dal Kurdistan iracheno per consegnarle, a quanto pare, alle forze del Partito curdo dell’Unione Democratica (PYD).
Il fatto è stato preceduto dall’incontro dell’inviato speciale del presidente americano per gli affari del Vicino Oriente, Brett Makourk, con le Unità di Protezione Popolare curda (YPG).
Sempre qualche giorno prima, il presidente del Kurdistan iracheno Mas’ud Barzani, ha dichiarato che i tempi sono maturi per indire un referendum su un futuro Stato curdo.
L’ironia è che gli americani possono trasferire armi, munizioni e aiuti ai curdi siriani ma non al resto del popolo siriano, e bombardano qualsiasi area del paese ma non possono portare a terra gli aiuti umanitari!
È stata interessante anche la dichiarazione di questi giorni del ministro degli Esteri britannico Philip Hammond che sostiene che la Russia stia progettando di ritagliarsi un mini-Stato alawita in Siria.
Prima di lui sono stati i funzionari turchi a sostenere questa idea ma non hanno mai ricevuto alcun ascolto.
L’idea di uno Stato alawita ben si adatta a una condizione di debolezza del regime siriano, ma è chiaro che la presa di Damasco si è rafforzata su tutte le città.
E, allo stesso modo, i russi si sono spostati verso la regione orientale dove hanno iniziato le loro operazioni militari.
La carta alawita potrebbe essere giocata dalla Russia nel caso di un rovesciamento degli scenari attuali così che ne nasca un’area vitale coesa e legata alla sfera Russa, l’equivalente di uno Stato ebraico in mezzo allo scacchiere arabo.
Gli alawiti sono la minoranza che governa la Siria, Paese a maggioranza sunnita. Il termine “alawiti”, significa seguaci di Ali, vale a dire il cognato e cugino del profeta Maometto e padre del giovane Hussein, l’uomo venerato dagli sciiti e ucciso nella battaglia di Kerbala.
L’episodio che diede vita allo scisma tra sunniti e sciiti. Teologicamente gli alawiti sostengono di essere sciiti duodecimani. Oltre al Corano, il loro libro sacro è il Kitab al Majmù. Gli alawiti vivono in tutte le grandi città della Siria, dove sono 2 milioni (circa il 20% della popolazione)
Da un’altra prospettiva invece, stiamo assistendo ad una sorta di accordo implicito russo-americano a sostegno del Partito dell’Unione Democratica (PYD) e alle sue forze di Unità di Protezione Popolare (YPG).
L’Unità di Protezione Popolare (curdo: Yekîneyên Parastina Gel; arabo: وحدات حماية الشعب ), comunemente conosciuto come YPG, è la milizia della regione a maggioranza curda nel nord della Siria (nota come Kurdistan siriano o Rojava).
Fondato nel 2004 come ala militare del PYD (Partito dell’Unione Democratica, il principale partito curdo siriano), il gruppo ha preso una posizione difensiva nella guerra civile siriana, lottando contro qualsiasi gruppo intenzionato a portare la guerra nelle zone a maggioranza curda.
In seguito al ritiro delle truppe del governo siriano di Assad dal Rojava nel 2012, l’YPG e il suo braccio femminile, l’YPJ, sono diventati de facto le forze armate del Kurdistan siriano.
A partire dal 2014, l’YPG è stato coinvolto nella guerra contro lo Stato Islamico, divenendo il principale gruppo armato sostenuto dagli attacchi statunitensi in Siria dal settembre 2014.
L’YPG ha respinto l’assalto dell’ISIS alla città di Kobane nel gennaio 2015, e in giugno ha unificato i cantoni di Kobane e Qamishli, tagliando l’accesso dell’ISIS al confine con la Turchia a nord della sua capitale in Siria, Raqqa.
L’YPG ha stretti rapporti con il PKK, la principale organizzazione militante dei curdi in Turchia, mentre è avversato dal PDK, il principale partito curdo al governo nel Kurdistan iracheno.
L’obiettivo è creare basi solide per la nascita di un possibile Stato curdo che si nasconda dietro il nome di Forze della Siria Democratica.
Esattamente come il fratello “Stato alawita”, sarà una sfera di influenza in perfetta simbiosi con l’America e in ferma posizione contro la Turchia.
Vale la pena ricordare che l’ex primo ministro britannico, Tony Blair, poco tempo fa ha riferito che le condizioni in cui i confini del Medio Oriente sono stati tracciati sono molto diverse dalle circostanze attuali e che l’accordo Sykes-Picot è ormai scaduto.
Ha inoltre aggiunto che è giunto il momento che “la Comunità Internazionale fornisca tutta l’assistenza possibile alle forze Peshmerga”.
I Peshmerga (in lingua curda: پێشمەرگە’ – pīs mergah, “fronte alla morte”) sono le forze armate della regione autonoma delKurdistan iracheno.
Il termine “Peshmerga” indica letteralmente un combattente-guerrigliero che intende battersi fino alla morte.
Oltre a disporre di un proprio arsenale, nella loro campagna contro lo Stato Islamico, dal 2014, i peshmerga hanno ottenuto massiccio supporto da nazioni estere.
I combattenti curdi hanno ricevuto fino a marzo 2015 ingenti carichi di armi dell’ultimo tipo tra cui: Heckler & Koch MP5, Heckler & Koch G36, M40, AK-47 e Beretta MG 42/59; oltre a queste dispongono anche di armi pesanti come RPG-7, AT4 e MILAN.
Dal 2014, anche l’Italia ha preso parte alla fornitura di armi ai peshmerga, inviando 200 mitragliatrici, 650 mila munizioni e oltre 2000 razzi HEAT; tuttavia i rifornimenti impiegano più tempo ad arrivare poiché le leggi italiane non consentono di armare milizie ma soltanto di vendere armamenti a stati riconosciuti e, a causa di questo, i rifornimenti devono poter prima passare attraverso l’Iraq per poi arrivare nelle mani dei peshmerga in Kurdistan.
Oltre a questo, assieme alla Germania, l’Italia sta offrendo anche supporto logistico per le truppe peshmerga grazie ad addestramenti militari in Iraq per oltre 2000 combattenti.