Zenzero: un rimedio naturale per le malattie autoimmuni – Esplorando il suo potenziale nella modulazione della NETosi

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Le malattie autoimmuni croniche, come la sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) e il lupus, pongono sfide significative sia ai pazienti che ai sistemi sanitari a causa della morbilità, della mortalità e degli ingenti costi sanitari associati.

Il lupus è una nota malattia autoimmune sistemica caratterizzata da autoanticorpi diretti contro i componenti nucleari, che portano alla formazione di complessi immunitari che si depositano negli organi, causando danni.

L’APS, d’altro canto, può manifestarsi come malattia autoimmune autonoma o in concomitanza con il lupus. È caratterizzata principalmente da un’attivazione anormale del sistema immunitario innato e delle cellule vascolari, che aumenta significativamente il rischio di trombosi nei vasi sanguigni di varie dimensioni.

È interessante notare che, sebbene queste malattie abbiano presentazioni cliniche distinte, condividono un meccanismo patologico comune: l’eccessiva formazione di trappole extracellulari dei neutrofili (NET) , un processo noto come NETosi.

La NETosi coinvolge i neutrofili che espellono la loro cromatina nucleare sotto forma di strutture simili a reti decorate con proteine ​​derivate da granuli potenzialmente dannose.

Una NETosi eccessiva alimenta processi infiammatori e trombotici, contribuendo nel tempo al danno degli organi terminali e svolgendo un ruolo nella patogenesi di molte malattie autoimmuni, tra cui APS e lupus. Studi recenti hanno dimostrato che un aumento della NETosi può interrompere la tolleranza immunitaria adattativa, portando alla formazione di autoanticorpi.

Inoltre, gli autoanticorpi associati alla malattia possono stimolare ulteriormente la NETosi, creando un circolo vizioso. È importante sottolineare che la ricerca ha anche dimostrato l’importanza dei neutrofili e dei NET nelle manifestazioni tromboinfiammatorie delle malattie, incluso il COVID-19.

Gli sforzi per contrastare la NETosis si sono rivelati promettenti nel mitigare la progressione delle malattie autoimmuni. Queste strategie includono la deplezione dei neutrofili, l’uso della desossiribonucleasi e degli agonisti dei recettori dell’adenosina. Un’intrigante via di esplorazione nella ricerca per frenare la NETosi è l’uso di erbe naturali con proprietà antinfiammatorie. Una di queste erbe è lo zenzero, che contiene un composto bioattivo noto come 6-gingerolo.

Il ruolo dello zenzero nella modulazione dell’attività dei neutrofili e della NETosi

Precedenti ricerche avevano evidenziato il potenziale del 6-gingerolo purificato di inibire l’attività della fosfodiesterasi dei neutrofili (PDE) , aumentando i livelli di AMP ciclico intracellulare (cAMP) e contrastando così l’iperattività dei neutrofili nei modelli murini di APS e lupus. Questi risultati erano promettenti, ma erano basati su iniezioni intraperitoneali di 6-gingerolo purificato.

Per comprendere meglio il potenziale dello zenzero negli esseri umani, è stato condotto uno studio utilizzando l’estratto di zenzero somministrato per via orale e coinvolgendo individui sani. Lo scopo era quello di studiare gli effetti dello zenzero sull’attività dei neutrofili e sulla NETosi, gettando le basi per potenziali studi clinici in pazienti con malattie autoimmuni guidate dalla NET.

Lo studio: Impatto dello zenzero sull’attività dei neutrofili e sulla NETosi

In questo studio, i ricercatori hanno cercato di convalidare gli effetti dello zenzero sull’attività dei neutrofili, utilizzando un estratto orale di zenzero sia in modelli murini di malattie autoimmuni che in partecipanti umani sani. I risultati hanno dimostrato diversi risultati chiave:

  • Lo zenzero riduce la NETosi nei modelli murini: nei modelli murini di APS e lupus, il consumo orale di un estratto di zenzero, tramite sonda gastrica o mescolato con cibo, ha portato a una riduzione della NETosi. Questa riduzione è stata accompagnata da miglioramenti negli esiti legati alla malattia, come la diminuzione della trombosi nell’APS e la diminuzione della formazione di autoanticorpi nel lupus.
  • Lo zenzero aumenta i livelli di cAMP dei neutrofili: in due gruppi separati di esseri umani sani, il consumo quotidiano di un integratore di zenzero ha portato ad un aumento specifico dei neutrofili dei livelli di cAMP senza influenzare il cAMP delle cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC) . Livelli elevati di cAMP dei neutrofili sono stati associati a una diminuzione della NETosi stimolata e dei livelli di NET circolanti in seguito al consumo di zenzero.
  • Approfondimenti meccanicistici: lo studio ha scoperto che l’estratto di zenzero solubilizzato antagonizzava l’attività PDE dei neutrofili, aumentando i livelli di cAMP intracellulare nei neutrofili e riducendo la NETosi nei neutrofili umani in vitro. Ciò è in linea con studi precedenti che indicavano che gli estratti di zenzero, in particolare il 6-gingerolo, agiscono come inibitori dell’attività PDE specifica del cAMP. È importante sottolineare che gli effetti soppressivi dello zenzero sulla NETosi potrebbero essere invertiti bloccando l’attività della PKA, una chinasi chiave a valle nella via dipendente dal cAMP.

Implicazioni e direzioni future

I risultati di questo studio sono significativi in ​​quanto suggeriscono che le proprietà dello zenzero osservate nei modelli animali e negli esperimenti in vitro si estendono anche agli esseri umani. Questo studio ha utilizzato un estratto di zenzero intero disponibile in commercio con alte concentrazioni di gingeroli, fornendo una potenziale base per ulteriori ricerche. Sul mercato sono disponibili vari integratori di zenzero e la loro biodisponibilità ed efficacia possono differire, il che richiede ulteriori indagini.

Sebbene questi risultati siano promettenti, è importante notare che l’impatto dell’integrazione di zenzero sui neutrofili nei pazienti con malattie infiammatorie come APS e lupus non è stato ancora testato. Inoltre, i potenziali effetti dello zenzero sulla capacità dei neutrofili di rispondere alle infezioni dovrebbero essere esplorati in studi futuri.

Inoltre, sebbene alcuni studi clinici abbiano suggerito potenziali benefici dell’integrazione di zenzero in condizioni come l’artrite e il rischio trombotico, sono ancora necessari studi che indaghino specificamente il suo impatto sulla NETosis nelle malattie autoimmuni. Il ruolo dello zenzero come intervento terapeutico adiuvante mirato a un meccanismo patogeno condiviso (NETosi) in varie malattie autoimmuni offre una strada entusiasmante per la ricerca futura e gli studi clinici.

Questa ricerca apre la strada a potenziali scoperte nel trattamento delle malattie autoimmuni croniche e potrebbe essere promettente per migliorare la vita dei pazienti che affrontano queste difficili condizioni.


Approfondimento….

NETosi: un meccanismo comune di autoimmunità e trombosi nell’APS e nel lupus

Le malattie autoimmuni croniche e incurabili come la sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) e il lupus sono associate a morbilità, mortalità e costi sanitari significativi. Queste malattie hanno caratteristiche cliniche distinte, ma condividono un meccanismo patogenetico comune: la formazione eccessiva di trappole extracellulari di neutrofili (NETosi). La NETosis è un processo mediante il quale i neutrofili rilasciano la cromatina nucleare e le proteine ​​dei granuli nello spazio extracellulare, formando strutture simili a reti che possono intrappolare e uccidere i microbi. Tuttavia, quando NETosis è disregolata, può anche causare danni ai tessuti, infiammazioni e trombosi. In questo articolo, esamineremo le prove che collegano la NETosi alla fisiopatologia dell’APS e del lupus e discuteremo le potenziali implicazioni terapeutiche del prendere di mira la NETosi in queste malattie.

NETosi e formazione di autoanticorpi

Uno dei tratti distintivi dell’APS e del lupus è la presenza di autoanticorpi contro vari antigeni self, come fosfolipidi, componenti nucleari e proteine ​​dei neutrofili. Questi autoanticorpi possono attivare il sistema del complemento, legarsi ai recettori della superficie cellulare o formare complessi immunitari che si depositano in vari organi, portando a lesioni tissutali e disfunzioni d’organo. L’origine di questi autoanticorpi non è del tutto compresa, ma studi recenti hanno suggerito che la NETosi svolge un ruolo chiave nel rompere la tolleranza immunitaria e nell’indurre l’autoimmunità.

I NET possono esporre al sistema immunitario antigeni self normalmente nascosti, come istoni, DNA, RNA e proteine ​​citrullinate. Questi antigeni possono essere assorbiti dalle cellule presentanti l’antigene (APC), come le cellule dendritiche o i macrofagi, e presentati alle cellule T e B nei linfonodi. I NET possono anche fornire segnali adiuvanti che migliorano l’attivazione e la differenziazione delle cellule T e B in cellule effettrici. Ad esempio, i NET possono stimolare i recettori toll-like (TLR) sulle APC e sulle cellule B, portando alla produzione di citochine e chemochine proinfiammatorie. I NET possono anche attivare l’inflammasoma NLRP3 nei macrofagi, con conseguente rilascio di interleuchina-1 beta (IL-1β) e IL-18. Queste citochine possono promuovere la sopravvivenza e la proliferazione delle cellule B autoreattive e delle plasmacellule.

Diversi modelli animali hanno dimostrato che la NETosi può indurre la formazione di autoanticorpi e malattie autoimmuni. Ad esempio, l’iniezione di topi con NET o componenti NET può innescare la produzione di anticorpi antinucleari (ANA) e anticorpi anti-fosfolipidi (aPL), nonché glomerulonefrite e perdita del feto. Al contrario, il blocco della NETosi con la deossiribonucleasi (DNasi) o gli inibitori della peptidilarginina deiminasi 4 (PAD4), un enzima coinvolto nella formazione della NET, può prevenire o migliorare l’autoimmunità nei topi. Inoltre, l’ablazione genetica o farmacologica dei neutrofili può anche ridurre i livelli di autoanticorpi e la gravità della malattia nei modelli murini di lupus.

NETosi e Trombosi

Un’altra grave complicanza dell’APS e del lupus è la trombosi, che può colpire sia i vasi arteriosi che quelli venosi di qualsiasi dimensione. La trombosi è un processo multifattoriale che coinvolge l’interazione di cellule del sangue, cellule endoteliali, fattori della coagulazione e mediatori dell’infiammazione. È stato dimostrato che NETosis contribuisce alla trombosi attraverso diversi meccanismi. Innanzitutto, i NET possono attivare direttamente le piastrine e le cellule endoteliali, determinandone l’adesione e l’aggregazione. In secondo luogo, i NET possono fornire un’impalcatura per l’assemblaggio dei fattori della coagulazione e accelerare la generazione di trombina. In terzo luogo, i NET possono degradare gli anticoagulanti naturali, come l’inibitore della via del fattore tissutale (TFPI) e la trombomodulina™, compromettendo il sistema fibrinolitico. In quarto luogo, i NET possono interagire con componenti del complemento e aPL, amplificando le risposte infiammatorie e protrombotiche.

Diversi modelli animali hanno dimostrato che NETosis può indurre trombosi e peggiorarne gli esiti. Ad esempio, l’iniezione di topi con NET o componenti NET può innescare trombosi arteriosa o venosa. Al contrario, il blocco della NETosi con DNasi o inibitori di PAD4 o NADPH ossidasi (NOX), un enzima coinvolto nella formazione di NET, può prevenire o ridurre la formazione di trombi nei topi. Inoltre, l’ablazione genetica o farmacologica dei neutrofili può anche proteggere i topi dalla trombosi.

NETosi e COVID-19

La pandemia del coronavirus 2019 (COVID-19) ha rappresentato una sfida importante per la gestione dei pazienti con APS e lupus, poiché corrono un rischio maggiore di infezioni gravi e complicanze a causa dell’immunosoppressione e delle comorbidità sottostanti. Il COVID-19 è causato dalla sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-CoV-2), che può infettare vari tipi di cellule e innescare una risposta iperinfiammatoria, nota come tempesta di citochine. I pazienti affetti da COVID-19 possono sviluppare anomalie multiorgano, come la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), danno renale acuto (AKI), miocardite, ictus e coagulopatia. La NETosi è stata implicata nella patogenesi di queste complicanze, poiché i NET possono danneggiare l’epitelio polmonare, compromettere lo scambio di gas, attivare la cascata della coagulazione e indurre l’occlusione vascolare.

Diversi studi hanno riportato livelli elevati di NET e marcatori NET nel plasma e nel liquido di lavaggio broncoalveolare dei pazienti con COVID-19, in particolare quelli con malattia grave o prognosi sfavorevole. Inoltre, alcuni studi hanno trovato un’associazione tra NET e biomarcatori correlati al COVID-19, come D-dimero, ferritina, proteina C-reattiva (CRP), lattato deidrogenasi (LDH) e interleuchina-6 (IL-6). Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato che SARS-CoV-2 può indurre direttamente la NETosi in vitro legandosi all’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) o TLR4 sui neutrofili. In alternativa, SARS-CoV-2 può indurre indirettamente la NETosi stimolando altre cellule immunitarie, come monociti o mastociti, a rilasciare fattori che inducono la NET, come IL-1β o istamina.

Dato il ruolo di NETosis nelle complicanze di COVID-19, prendere di mira NETosis può rappresentare una potenziale strategia terapeutica per i pazienti con COVID-19. In effetti, alcuni studi hanno suggerito che i farmaci in grado di modulare la NETosi, come il desametasone, la colchicina, l’idrossiclorochina o le statine, possono avere effetti benefici sugli esiti del COVID-19. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi clinici per confermare l’efficacia e la sicurezza di questi farmaci nei pazienti affetti da COVID-19.

Conclusione

La NETosi è un meccanismo comune di autoimmunità e trombosi nell’APS e nel lupus. I NET possono esporre gli antigeni self al sistema immunitario, indurre la produzione di autoanticorpi, attivare piastrine e cellule endoteliali, promuovere la coagulazione e l’infiammazione e compromettere la fibrinolisi. I NET possono anche contribuire alle anomalie multiorgano osservate nei pazienti COVID-19. Mirare a NETosis può offrire un nuovo approccio terapeutico per i pazienti con APS e lupus, nonché per i pazienti con COVID-19. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire i meccanismi molecolari della NETosi in queste malattie e per identificare i bersagli e gli agenti ottimali per l’inibizione della NET.

Riferimenti

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collegamento di riferimento: https://insight.jci.org/articles/view/172011#SEC3

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