ISIS : Usare l’Arte per Finanziare la Guerra

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Non solo con il petrolio, ma anche con l’arte si finanziano i terroristi del Daesh, che oltre a distruggere siti archeologici antichissimi per propaganda, vendono delle opere più piccole per guadagnare.

Ebbene, proprio l’Occidente che fa la guerra al Daesh, lo finanzia acquistando oggetti d’arte, che attraverso un iter criminale una volta arrivati a destinazione con una certificazione successiva, diventato legali a tutti gli effetti. Queste opere finiscono in collezioni private e musei di mezzo mondo. Senza parlare della possibilità di comprare oggetti rubati dai terroristi comodamente in rete su ebay.

Dopo Palmira, fatta esplodere dai combattenti del Daesh, ora si teme per Sabrata in Libia, sito archeologico del V secolo a.C. con un meraviglioso teatro romano praticamente intatto. Oltre ai terroristi che distruggono esplicitamente vestigia di storia e civiltà, bisognerebbe rendersi conto che anche i bombardamenti delle diverse coalizioni in guerra contro il Califfato colpiscono monumenti e abitazioni civili.

Una cosa è certa, a parole il patrimonio artistico dell’umanità va tutelato, ma quando si passerà ai fatti? Sputnik Italia ha raggiunto per una riflessione in merito Luca Nannipieri, storico dell’arte, conduttore della rubrica “SOS patrimonio artistico” del programma televisivo Il caffè di Raiuno, autore di numerosi saggi tra cui “Arte e terrorismo”.

— Lei ha scritto il libro “Arte e terrorismo”. Perché ha deciso di dedicare un suo lavoro a questo tema?

Ministro degli Esteri Sergej Lavrov
© SPUTNIK. MICHAEL KLIMENTYEV
Russia, Lavrov: Unesco intensifichi sforzi per proteggere patrimonio culturale

— Il patrimonio storico artistico è presente in ogni continente, perché fa parte della storia degli uomini. Uno che si occupa dell’arte e dell’identità dei popoli, non può non guardare a ciò che accade ai patrimoni culturali in altri Paesi.

In almeno 20, 22 Paesi al mondo attualmente vi è una distruzione, anche se sottaciuta, del patrimonio artistico per mano dei terroristi islamici. È stato un dovere morale occuparmi di quello che accade in Siria, in Iraq, nel Medio Oriente in generale, in molti Paesi dell’Africa sahariana, in Asia meridionale. Sarei uno studioso dell’arte molto povero se mi occupassi solo di quello che accade nei confini italiani.

— I terroristi del Daesh si finanziano anche attraverso opere d’arte vendute su internet. Dove finiscono queste opere, in collezioni private, nei musei?

Combattente del Daesh distrugge una statua storica a Palmira (foto d'archivio)
© TWITTER / JULIE LENARZ
La Turchia si rifiuta di restituire in Siria gli oggetti d’arte contrabbandati dal Daesh

— Il problema non sta solo nei terroristi. Siamo noi occidentali che chiediamo loro queste opere, perché entrano nel mercato europeo, americano oppure nel mercato dell’estremo oriente. Questo non certo perché i terroristi vogliano mandarle lì, perché conviene loro esportarle e che noi le compriamo. Magari chi sottrae queste opere dal luogo dove si trovano sono persone umili, contadini, che dovendo sopravvivere in Paesi spesso in guerra, vendono quei piccoli amuleti, sarcofagi e decorazioni. Una volta saccheggiate, queste opere entrano in un percorso altamente criminale, che dal Medio Oriente, passando in Libano, attraverso i confini dell’est arrivano nei Paesi occidentali, come l’America, l’Inghilterra, in Svizzera. Ci sono anche molti collezionisti russi attenti alle opere del Medioriente.

Per evitare il reato del possesso di un’opera illegale di cui la provenienza è illecita, le opere vengono certificate da dei storici dell’arte e archeologi. Queste opere da illegali diventano legali.

— Lei sta dicendo che una volta certificata l’opera, è impossibile arrivare a capire la sua vera provenienza?

— Sì, la provenienza viene scritta in modo molto ambiguo, a volte scrivono “Provenienza mediorientale”, ma questo vuol dire tutto e niente. Oppure scrivono “area mesopotamica”. Giuridicamente questo non significa nulla. Attraverso le carte d’identità queste opere diventano lecite, come tali possono essere smerciate nelle vetrine online, entrano nel circuito delle case d’asta. Dalle case d’asta queste opere finiscono in musei americani, londinesi, ma anche da dei collezionisti che possono essere russi.

Ci troviamo in questo modo nei musei e nelle collezioni private opere “insospettabili”, che sono state comprate da criminali.

— Dopo Palmira oggi si teme per il sito archeologico di Sabrata, in Libia, dove sono arrivati i terroristi del Daesh. Che cosa dovrebbe fare l’Occidente di fronte al pericolo di perdere questi segni di storia millenaria?

— Innanzitutto i politici in sede ONU ne devono parlare, finora c’è stato solo qualche comunicato stampa. La legislazione internazionale è inesistente, la legge è inefficace. Se prendiamo il caso italiano: andando nelle carceri non troverà persone detenute per aver contrabbandato opere d’arte. Per questo crimine si rischia una multa. Bisognerebbe fare multe salatissime e dare anni di galera alle persone in possesso di opere di dubbia provenienza, soprattutto mediorientale e africana.

— Nel caso concreto di Sabrata, sito risalente al V secolo a.C., che cosa si potrebbe fare per tutelarlo?

— Questo è un problema più complesso. Sappiamo in che stato verso la Libia. Gheddafi prima di essere ammazzato disse che nel caso lo facessero fuori, si sarebbe creato il caos. Così è stato. Se mandassimo dei guardiani a Sabrata, verrebbero trucidati. Bisognerebbe creare un cordone d’attenzione attorno al patrimonio culturale, affiancando gli eserciti impegnati in missioni di guerra e peacekeeping. Nei Paesi dove non c’è  controllo da parte di eserciti a noi vicini, la situazione è disperante, come lo è nel caso della Libia.

Nei Paesi dove vige il caos secondo me per prima cosa dovremmo vedere chi ci è più vicino e sostenerlo.

— Come diceva sono tanti i Paesi dove il terrorismo distrugge l’arte. Possiamo dire che questo pericolo è sottovalutato dai media?

— È molto sottovalutato. Quando parlo di questo alle conferenze, vedo persone che mi sbarrano gli occhi e si sorprendono di non aver sentito parlare prima di queste cose. In televisione e sui giornali queste cose hanno pochissimo peso, a meno che domattina non buttino giù la sfinge in Egitto o mettano le bombe nel museo del Cairo o di Baghdad.

Occorre una sensibilizzazione continua, io personalmente giro l’Italia con le conferenze. Oltre queste attività quotidiane, spingo il governo in carica a farsi capostipite di un gruppo di persone altamente qualificate e attente nel campo.

Si dovrebbe creare in sede ONU e Unesco una squadra che solleciti l’Unione Europea e i governi nazionali a riunirsi e fare proposte di legge. Bisogna passare dal “sarebbe bello che” ai fatti. Non ne possiamo più di dire che il patrimonio culturale dell’umanità vada tutelato. Bisogna decidere come farlo.

fonte :sputnik

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