La democrazia è un concetto estraneo alla cultura arabo-islamica, anche se, agli albori dell’Islam, per un brevissimo lasso di tempo, è stata il trampolino di lancio dell’ultima delle religioni abramitiche.
Gli arabi non hanno avuto a che fare con la democrazia fino alla morte del Profeta Muhammad, giorno in cui ogni tribù ha designato un uomo che eleggesse il successore dell’inviato di Dio.
Democrazia, nel suo significato più generale, non era una parola nota al pensiero speculativo arabo-islamico e non era nemmeno tra i valori che hanno dato forma al sistema islamico.
In più, il suo uso non è mai fuoriuscito dai libri di filosofia.
Al-Farabi tentò di rendere il termine greco con “città collettiva”, facendo confluire il concetto di democrazia nel sistema di valori dell’Islam.
Il concetto di democrazia è spesso ritenuto un’entità estranea all’Islam, frutto dell’influenza negativa dell’Occidente, e dunque da estirpare.
Anche se è costantemente presente nei discorsi e nella propaganda di tutte le fazioni politiche contemporanee del mondo arabo-islamico: nazionalisti, marxisti e islamisti.
Il giorno della morte del Profeta, a Saqifa fu scelto il capo degli Ansar, Sa’ad bin Ubada, per succedergli, ma Abu Bakr e Omar, guide degli emigranti meccani e appartenenti alla tribù dei Quarush, si opposero all’elezione perché pretendevano che solo la loro tribù avesse il diritto di governare la Umma, data la vicinanza, di sangue e di fede, a Muhammad.
— Umma (in arabo: أمّة [umma], “comunità”, “nazione”, “etnia”) è un termine arabo – derivante dalla radice <‘-m-m> da cui origina anche il vocabolo أمّ [umm], “madre” – che ha acquistato con l’Islam il significato precipuo di “Comunità di fedeli”, nel senso di “comunità di musulmani”, senza alcun significato etnico-linguistico-culturale.
Con questo nome si indicò fin dall’inizio la prima organizzazione politica dei fedeli musulmani che a Medina (all’epoca Yathrib) vide nel 622 d. C. la luce grazie all’azione del profeta islamico Muhammad. La nozione di umma, tuttavia, non sempre impedì divisioni anche gravi, prodotte da dibattiti teologici da rivalità etniche e politiche. La prima rottura della Umma si ebbe nel VII secolo coi kharigiti, quindi con l’affermazione nell’VIII secolo dell’Emirato omayyade (poi Califfato) di al-Andalus e infine, nel 910, quando il fatimide Ubayd Allah al-Mahdi si proclamò guida universale (Imam) contro il califfato abbaside di Baghdad. La conseguenza fu l’opposizione di due logiche di successione: da un lato, presso i Fatimidi, l’Imam-Califfo doveva essere discendente di ʿAlī e di Fātima; dall’altro, vi erano coloro che accettavano comeCaliffo qualsiasi musulmano, anche se era preferibile che appartenesse alla tribù meccana dei Banu Quraysh.
Questa vicenda ha segnato profondamente le future vicende dell’Islam arabo, lastricandolo di uccisioni tra consanguinei per il comando della comunità.
Non è errato considerare il giorno della morte del profeta come l’inizio della battaglia tra le opposte posizioni per l’individuazione del successore dell’inviato di Dio.
Battaglia che non ha avuto ancora termine e si protrae fino ai nostri giorni.